ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di primo grado Fucini di Montespertoli (FI)

«Il paese non dimentica. Nemmeno noi»

Don Gradassi nascose una famiglia ebrea e la salvò. Il suo esempio vivo e da seguire per la Giornata della Memoria

«La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle». Così disse Sant’Agostino. Forse proprio a lui ispirò la sua vita don Giulio Gradassi (1915-1990, nella foto a sinistra), parroco a Montespertoli nella chiesa di Castiglioni, quando incurante di ogni pericolo decise di nascondere per diversi mesi la famiglia Pick, ebrei di origine polacca.

A novembre del 1943 don Gradassi non esitò nemmeno un istante, andò incontro ai Pick con la sua bicicletta per portarli a Castiglioni. La famiglia Pick era ormai in fuga da Firenze a causa delle retate effettuate persino nei conventi. Li ospitò segretamente per vari mesi e li nutrì con quel poco che aveva in casa e con l’aiuto dei contadini dei poderi limitrofi, i quali non decisero mai di denunciarli.

Una personalità straordinaria, quella di don Gradassi, che a distanza di così tanti anni provoca in noi, cittadini di oggi, sentimenti diversi: di stima e di amore verso così grande coraggio, e di timore per le gratuite crudeltà di cui sarebbero stati capaci i nazisti se lo avessero scoperto. Tutto filò liscio e i Pick si salvarono.

Don Giulio è un Giusto tra le Nazioni. L’unico di Montespertoli. Si è riscoperta la storia di questo grande uomo grazie alla conferenza tenutasi il 30 gennaio organizzata dal Comune di Montespertoli. Con attenzione è stata seguita anche la diretta streaming dove il cavalier Gabriele Boccaccini, studioso collegato dagli Usa, ha illustrato la situazione dei rifugiati ebrei a Firenze e la presenza di alcune di queste famiglie a Montespertoli. Rimanere fermi e concentrati davanti a notizie così dure è difficile. Quando si ascoltano i racconti delle persecuzioni che gli ebrei dovettero subire durante la Seconda Guerra mondiale, un brivido di sdegno dovrebbe attraversare lamente ma, al contempo, spingerci ad agire e ad agire nella direzione opposta a quella dei carnefici.

Si ritiene che uno dei rischi più concreti oggi sia quello dell’indifferenza, cioè che molte persone si disinteressino a questi temi poiché eventi ormai superati e distanti nella storia. Ed è un rischio reale, come del resto molti testimoni dell’olocausto hanno ribadito nei loro testi o negli incontri pubblici. Liliana Segre, ad esempio, nel suo discorso in Senato del 5 giugno 2018 mise in guardia gli italiani proprio dalla «tentazione dell’indifferenza» verso le ingiustizie che ci circondano ieri come oggi. Questo deve essere per tutti noi un dovere costante.

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