ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Ma le parole… sono solo parole?

Vincere gli stereotipi è il primo passo per la parità di genere. Gli studenti reporter ne dibattono in classe

Le parole sono come pietre, capaci di incidere ferite e di costruire concetti definiti; risulta semplice capire tale idea se si pensa a come le parole declinate al maschile o al femminile assumono significati tra loro diversi che disegnano un mondo macchiato di pregiudizi e preconcetti in grado di offendere o di denigrare le donne, un mondo fatto da e per gli uomini: “uomo di strada” o “donna di strada”, “gatto morto” o “gatta morta”, “uno squillo” o “una squillo”.

L’utilizzo superficiale di questi termini ha innescato una serie di reazioni a catena che sono finite con l’imprigionare le donne in stereotipi che hanno ribaltato completamente la percezione della realtà, per cui non è colpevole chi stupra una donna ma la donna che indossava una minigonna, non è colpevole il fidanzato che da fuoco alla fidanzata, ma lei che lo tradiva, non è colpevole l’uomo che picchia ma la donna che è troppo socievole, troppo libera, troppo viva per essere donna, moglie e mamma. L’inverno del pensiero libero, ha fatto sì che molto spesso fin da bambini gli uomini crescano avvertendo il patriarcato come cuore pulsante della società, e fin da piccolissimi siano impostati nel ruolo dell’uomo forte, guida e perno della società; vengono proiettati in una mascolinità tossica che li legittimerà ad essere possessivi e violenti, a giudicare inferiori le lavoratrici, ad accusare una donna di essersi messa in una situazione scomoda e che pertanto, è solo colpa sua. È compito dei giovani, che saranno uomini e donne del futuro, iniziare a liberarsi dai pregiudizi e combattere per la cultura del rispetto basata su principi di uguaglianza e libertà.

Nella nostra classe abbiamo affrontato la tematica confrontandoci su preconcetti, omertà, indifferenza e rassegnazione che spesso fanno da sfondo alla violenza di genere, il tutto per cercare di raggiungere il nostro obiettivo: far sì che nessuno si possa sentire esonerato dal prendere posizione, che nessuno possa dire “non mi riguarda!” Abbiamo deciso di partecipare ad un evento per dire stop alle forme di discriminazione nei confronti delle donne, suggerendo e poi trascrivendo in una panchina rossa del parco adiacente alla scuola, una frase significativa tratta dalla canzone “Break the chains” di One Billion Rising:“Sollevo le braccia al cielo, prego in ginocchio, non ho più paura, cammina, danza, sollevati” con l’intento di infondere coraggio, di far comprendere che ciascuno ha il dovere di vigilare affinché la violenza non venga accolta con indifferenza e non si senta legittimato a perpetrare violenze verbali e fisiche contro le donne.

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