ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

L’impatto del Covid sui giovani

Come i ragazzi hanno vissuto il lockdown durante la pandemia: alcune testimonianze

Nel periodo della pandemia i ragazzi hanno vissuto un’esperienza traumatica. Alcuni specialisti hanno stabilito che molti giovani hanno problemi di postura e di vista per il lungo periodo di sedentarietà. Molti docenti hanno confermato che i ragazzi ritornati in presenza facevano fatica a stare seduti, avevano problemi di relazione e di attenzione. Svolgere le lezioni online provoca distrazione perché i ragazzi non seguono la loro routine. È un’esperienza che ha stravolto il loro percorso di crescita in gruppo. La pandemia ha fatto sentire il suo peso sulle giovani generazioni causando ansia, depressione, ossessioni e problemi alimentari e aumentando casi di disturbi psichiatrici in età pediatrica ed adolescenziale. I ragazzi della nostra classe hanno raccontato: «All’inizio della quarantena ero felice perché pensavo che fosse per poco in-vece… lockdown, di questa parola si parlava sempre pure al telegiornale. Covid… quante parole strane si usavano. La scuola, i compagni, le maestre tutto non c’era più, nulla tranne le videolezioni in cui non riuscivo a sentirmi a mio agio, mi mancava tutto! Stando a casa cambiai io e miei amici. Con le mascherine vedevo solo gli occhi dei miei compagni, non riuscivo a vedere le loro espressioni, era bruttissimo. Ormai non mi riconosco più senza la mascherina e se un giorno finirà questa cosa non riuscirò a toglierla come se una parte di me se ne fosse andata«.

«Durante il lockdown di fronte a casa mia c’erano i bambini che giocavano, ma mio papà non voleva che uscissi. La notte non si dormiva perché si sentivano le ambulanze.

Dove abito tutti i bambini si sedevano nel balcone e ci mettevamo a suonare con le pentole e cantavamo». «…non era bello stare in casa sempre con quella speranza che la quarantena finisse e sentire quel bruttissimo silenzio per le strade che indicava tantissime parole che però le persone non potevano dire«».

«…purtroppo il pensiero che avevamo tutti i giorni era e se prendiamo il Covid? La paura più grande era questa, la cosa più terribile è vivere nella paura«. «Mi sentivo in prigione, non potevo nemmeno andare da mia nonna e quando mi hanno detto che non potevo vederla mi sono sentita come se mi avessero messo un coltello nel cuore. Mi sentivo sola«. ‘La cosa bella invece era affacciarsi dal balcone e respirare aria pulita sentire la natura riprendere il controllo di tutto. Le uniche vie di comunicazione erano telefoni, tablet e sembrava di essere agli arresti domiciliari. Molta gente non aveva più il lavoro, è stato un colpo basso per l’umanità ma per la natura invece è stato una specie di restauro».

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