ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

«Basta con le etichette di genere»

L’intervista a Linda Paternò e Veronca Iacovacci: «Lavoriamo per la scienza e contro gli stereotipi del settore»

MARINA DI MASSA Intervista a Linda Paternò, 30 anni assegnista di ricerca postdoc all’Istituto di biorobotica della Scuola Superiore Sant’Anna e Veronica Iacovacci, 33 anni, ingegnera biomedica con dottorato in BioRobotica. Attualmente Post-Doc alla Scuola Superiore Sant’Anna e la Chinese University of Hong Kong.

Ci spiegate il vostro lavoro? Veronica: «Mi occupo di robotica per applicazioni mediche. Lavoro in due ambiti specifici: microrobotica e organi artificiali impiantabili. Nel primo caso l’obiettivo è sviluppare robot più piccoli di un millimetro per rilasciare farmaci in modo preciso, riducendo gli effetti collaterali delle terapie tradizionali.

Nel secondo caso l’obiettivo è sviluppare robot che sappiano funzionare all’interno del corpo umano (per lunghi periodi) per ripristinare una funzione mancante o una parte danneggiata degli organi interni». Linda: «Le mie ricerche puntano allo sviluppo di invasi protesici intelligenti per protesi di arto inferiore. Stiamo lavorando per rendere questo componente più confortevole ed efficace grazie a sensori e tecnologie integrate che sulla base delle pressioni applicate sulla pelle permettono di cambiarne la forma e la rigidezza in modo intelligente».

Venite rispettate dai colleghi uomini nel vostro settore? «Le “battutine” e il dover rimarcare che si è “brave anche se donne” non mancano. Capita che a noi donne vengano affidati di default ruoli più amministrativi e meno tecnici, più tutoraggi di studenti e meno ruoli di rappresentanza. Anche nel mondo della ricerca si assiste ancora a fenomeni di discriminazione (soprattutto “informali”) e c’è ancora lavoro da fare per raggiungere un maggior grado di consapevolezza».

Come mai nel 2022 vedere delle donne lavorare in certi settori fa ancora specie? Linda e Veronica: «Siamo ancora vittime di una società che crede che ci siano persone più o meno adatte ad un certo ruolo sulla base di un’etichetta che ne definisce il genere. La classe dirigente e molti nostri coetanei sono stati educati a una classificazione netta di cosa sia consono e “naturale” per una donna o per un uomo. L’idea della donna moglie, madre o professionista solo nell’ambito assistenziale è ancora troppo dominante».

Cosa consigliate alle ragazze che intendono intraprendere la propria carriera in una disciplina STEM? «Di sentirsi libere nella scelta del percorso di formazione che vogliono intraprendere: le capacità tecniche di una persona non dipendono certo dal “genere”. Di non aver paura e di non porre limiti alle proprie possibilità. Seguite le vostre passioni».

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