ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

La leggenda delle “lasagne meschie“

Un racconto per celebrare uno dei simboli della Lunigiana, ovvero le castagne che un tempo erano dette “pane dei poveri“

PONTREMOLI In epoche passate, quando sulla tavola non c’era l’abbondanza di oggi e si doveva fare attenzione a non sprecare il cibo, in Lunigiana le castagne, dette “pane dei poveri”, garantirono la sopravvivenza nei periodi di guerre o carestie. La farina di castagne della Lunigiana, che ha ottenuto il riconoscimento della denominazione di origine protetta (DOP), consente di realizzare ancora oggi i gustosi piatti della tradizione. Spesso l’origine di un piatto tipico regionale viene spiegata con una leggenda e così abbiamo deciso di inventarne una sulle cosiddette lasagne “bastarde” o “meschie”, una pasta fatta con farina di castagne e farina di grano, tagliata a rettangoli, lessata e condita con olio extravergine e parmigiano. Nel Medioevo in uno dei tanti borghi della Lunigiana vi era la rinomata locanda di un certo Caldino. Un giorno un nobile del posto, messer Guglielmo, vi si presentò e informò il proprietario che il giorno successivo avrebbe pranzato lì insieme a uomini d’affari, notai e ricchi commercianti. Caldino allora, cercando un cuoco che aiutasse sua moglie Gemma in cucina, si rivolse a Ernesto, rinoma-to per le sue lasagne, e il giovane rispose che avrebbe accettato di dargli aiuto solo se Caldino gli avesse concesso la mano di sua figlia Giulia. L’oste, non avendo altra scelta, accettò la proposta, e la mattina seguente Ernesto si presentò alla locanda. La farina bianca scarseggiava e Gemma ordinò al figlio minore, Federico, di andare al mulino a prenderne un sacco ma il mugnaio non ne aveva più e diede al ragazzo un sacco di farina di castagne. Gemma, su indicazione di Ernesto, rovesciò sulla spianatoia la farina di grano che aveva e poi, inconsapevolmente, aggiunse quella di castagne.

Nel frattempo Ernesto si era allontanato per prendere uno straccio (aveva fatto cadere la brocca dell’acqua). Quando ritornò in cucina si accorse del colore marroncino del composto, ma non si poteva certo sprecare tutto quel cibo. Inoltre Guglielmo e i suoi ospiti stavano arrivando. In fretta e furia finì di preparare l’impasto. Entrò Caldino e quando vide la pasta, infuriato, sgridò Ernesto, che vide andare in fumo la sua carriera di cuoco e il sogno di sposare Giulia. La pietanza venne servita, ma nel vedere quelle lasagne scure gli ospiti si rifiutarono persino di assaggiarle. Messer Guglielmo, però, decise mangiarle e… si leccò i baffi. Poi corse a complimentarsi con Caldino e a chiedergli il nome della ricetta.

L’oste allora mandò a chiamare Ernesto che disse di aver chiamato quel piatto “lasagne meschie” perché nate da un miscuglio di due tipi di farina: quella di grano e quella di castagne.

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