ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Francesco Severi di Arezzo (AR)

Una chitarra che parla di fratellanza

Con «Mare di mezzo» Giulio Carlo Vecchini trasforma in musica la voce e il dolore dei migranti

Abbiamo incontrato Giulio Carlo Vecchini, liutaio di Cortona e artigiano della musica. Ci ha parlato del suo lavoro e di “Mare di mezzo”: la chitarra costruita con il legno delle barche dei migranti sbarcati a Lampedusa e che è stata suonata da artisti di rilievo come Patti Smith e Santana. “Mare di mezzo” non è solo una chitarra, è un progetto importante con un forte messaggio di solidarietà sociale.

Come si è avvicinato alla musica e al suo lavoro di liutaio? «Mi sono avvicinato alla musica fin da piccolo grazie alla mia famiglia, in particolare mio padre e mio zio e, crescendo, ho condiviso questa passione con gli amici. Nel contempo mi sono appassionato alla lavorazione del legno perché mio nonno era un falegname. Ho scoperto che gli strumenti musicali erano fatti di legno e ho iniziato a dedicarmi alla loro creazione».

Come è nata l’dea di realizzare una chitarra con il legno delle navi dei migranti? «Nel 2015 bastava accendere la televisione per vedere le immagini dei migranti che arrivavano in Italia sui barconi. Ho voluto dar voce a chi voce non ha e in musica. La chitarra ha un suono particolare, grazie al legno impregnato di sale e di benzina».

Da dove ha tratto ispirazione per il nome della chitarra? «E’ stato un amico con cui avevo fatto un viaggio in Africa a darmi l’idea. “Mare di mezzo” è la traduzione di Bahr Alwasat, Mediterraneo in arabo».

Quale messaggio questa chitarra vuole trasmettere? «Un messaggio di unità e fratellanza; un messaggio che anche gli artisti che hanno suonato questa chitarra hanno voluto promuovere. Dare accoglienza alle persone è un dovere civico. Ogni mezzo è lecito per parlare di sociale e che la musica lo possa fare in modo particolare».

Cosa ha provato quando ha riscontrato interesse per la sua chitarra in tanti artisti famosi? «Stupore. Tutto era nato come un progetto personale, ma ora sono orgoglioso di poter condividere “Mare di mezzo” e il suo messaggio con gli altri».

Ha costruito altri strumenti con degli scopi sociali? «Ho costruito una chitarra con un macchinario del 1935 utilizzato per fare l’elettroshock. Non sapevo a cosa servisse, quando l’ho scoperto ho avuto la tentazione di bruciarlo, ma sarebbe stata una sconfitta; ho trasformato in musica un oggetto che ha causato tanto dolore» “Mare di mezzo” è una chitarra speciale, ha già girato il mondo, ma ad aprile percorrerà altri 400 chilometri sulle spalle di Giulio Carlo Vecchini che andrà a Roma per presentare il suo progetto al Papa. Il percorso a piedi sarà un’occasione per suonare insieme ad amici e a musicisti famosi e sensibilizzare le persone sull’importante tema dell’accoglienza dei migranti.

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