ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Samia, una vita come un battito d’ali

La storia della Yusuf Omar, da Mogadiscio alle Olimpiadi di Pechino, morta annegata nel mar Mediterraneo

Olimpiadi di Pechino 2008: un’atleta somala conquista l’incoraggiamento del pubblico anche se ultima. Durante quella corsa Samia Yusuf Omar, magrissima e con le scarpe consumate, non si arrende e finisce la sua gara come meglio può. La sua vita è diventata per tutti insegnamento di tenacia e caparbietà nell’inseguire i propri sogni, nell’operare per cambiare le cose che riteniamo ingiuste, nel lottare per realizzare gli ideali di giustizia e libertà.

Samia era la più piccola dei sei figli di una famiglia di Mogadiscio, nata il 30 aprile 1991, e già da piccola aveva dimostrato una forte passione per la corsa.

Il suo idolo era Mo Farah, somalo come lei, ma che per realizzare il suo obiettivo aveva deciso di fuggire dall’Africa nel più sicuro Regno Unito.

Il sogno della ragazza, invece, era correre e vincere con indosso i colori della Somalia, rappresentare con orgoglio la propria terra d’origine e dare inizio alla rivalsa delle donne somale.

Quando non poteva allenarsi nello stadio del suo Paese correva per le strade malandate di Mogadiscio, con le maniche lunghe, i pantaloni della tuta e una sciarpa sulla testa a causa delle leggi imposte dagli integralisti.

Alla Bbc raccontò che quando usciva per andare ad allenarsi spesso veniva fermata ai posti di blocco, che mentre correva subiva spesso intimidazioni e che una volta fu minacciata di morte se non avesse smesso di fare sport.

Gli integralisti somali, infatti, considerano «rovinate» le ragazze che praticano sport, che fanno musica e che indossano abiti trasparenti o pantaloncini. Nonostante molteplici avversità riuscì, nel maggio del 2008 a partecipare ai 100 metri dei Campionati africani di atletica.

Fu poi convocata quello stesso anno per le Olimpiadi di Pechino con la maglia della Somalia.

Nonostante l’ultima posizione diventò l’idolo delle donne somale. Nel 2010 si trasferì in Etiopia nella speranza di trovare un allenatore per poter partecipare alle Olimpiadi a Londra nel 2012, ma l’avanzare della guerra in Somalia e l’impossibilità di ricevere i documenti, fecero cadere in Samia ogni speranza di realizzare il proprio sogno nella sua terra. Decise, così, di affrontare il Viaggio attraverso il Sahara e raggiungere l’Europa sfidando il Mediterraneo. Samia annegò il 2 aprile, a 21 anni, al largo di Lampedusa, nel tentativo di raggiungere le coste italiane.

Grazie alla sua tenacia è diventata il simbolo di tutte le donne migranti che con la forza della disperazione e la voglia di credere in un futuro migliore affrontano il terribile Viaggio che dal cuore dell’Africa le porta a mettersi in mare verso l’Europa combattendo contro torture, estorsione, violenze sessuali, sfruttamento.

Votazioni CHIUSE
Voti: 40

Pagina in concorso