ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Montinaro, eroe dei giorni nostri

Incontro con Tina Montinaro: per non dimenticare. L’impegno di una donna che lotta ancora per la giustizia

«La paura è qualcosa che tutti abbiamo. E’ la vigliaccheria che non si capisce. Io, come tutti gli uomini, ho paura ma non sono un vigliacco» (Antonio Montinaro). Sono queste le parole di un uomo, che ha servito con onore il nostro Paese e, a soli 29 anni, ha perso la vita per mano della mafia. Le sue parole, ricordate oggi dalla moglie Tina, che abbiamo avuto l’onore di conoscere in un incontro organizzato dal nostro istituto, devono restare impresse nei nostri cuori e nelle nostre menti. A distanza di trent’ anni, la signora Montinaro porta avanti ancor oggi come una «missione», il lavoro di contrasto alla mafia coinvolgendo le scuole di tutta Italia.

Tina ci ha narrato in modo coinvolgente e toccante la storia di un uomo, di un ragazzo , di un marito, di un padre di famiglia innamorato della vita, della famiglia ma anche del suo lavoro, che svolgeva con serietà e dedizione. Quel ragazzo adesso non c’è più fisicamente , ma il suo sacrificio lo ha reso immortale e rappresenta un esempio da seguire per tutti.

Antonio Montinaro era il capo scorta di Giovanni Falcone e fu ucciso il 23 maggio del 1992 a Capaci. Viaggiava sulla prima auto blindata e venne investita in pieno dall’esplosione. I resti di quell’auto sono stati composti in una teca, hanno girato l’Italia, ed hanno fatto tappa anche in Piazza del Duomo a Pistoia.

Anche noi siamo andati a vederli ed è stata un’esperienza commuovente e toccante. Tina ci raccontato del «mostro» contro cui lottava il marito e ci ha parlato di come Palermo, negli anni ’90, fosse attanagliata dalle morse della malavita: la sera c’era il coprifuoco e regnava la legge dell’ omertà, per terrore o, forse, rassegnazione.

Suo marito Antonio è morto per proteggere Giovanni Falcone, un altro grande uomo dello Stato, che voleva cancellare la mafia. Lui sapeva i rischi che correva. Sapeva di poter morire, ed era sceso in guerra per combattere. Rimasta vedova, Tina ha preso una decisione coraggiosa: quella di rimanere a Palermo, anche se era rimasta sola con due bambini piccoli. L’ha fatto per lasciare un ’impronta, perché la sua presenza a Palermo la dovevano sentire: lei poteva camminare «a testa alta», semmai erano i mafiosi che si dovevano vergognare. Così, ancora oggi, Antonio, con che con la sua morte ha dato l’esempio al mondo, riempie la vita di Tina, anche se con una prospettiva diversa. La strage di Capaci appartiene a tutta l’Italia, la storia di Antonio non appartiene solo a lei e ai suoi figli. Tutti devono sapere, devono trovare la forza uscire dall’indifferenza. Noi ragazzi, le nuove generazioni, abbiamo un compito importante: siamo il «motore» del futuro e dobbiamo costruirlo insieme, con la pace e la giustizia.

Votazioni CHIUSE
Voti: 1

Pagina in concorso