ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Una terra da sempre legata al pinolo

Tra le vittime della pandemia anche la storica sagra ormai sospesa da due anni. Cosa succederĂ  a luglio?

SAN PIERO A GRADO Questi due anni di pandemia hanno fermato anche l’organizzazione della Sagra del Pinolo di S. Piero a Grado, la manifestazione più amata dai residenti della zona, e non solo, che si svolgeva nel prato adiacente alla basilica prima che la Soprintendenza ai Beni culturali preferisse spostarla. La Sagra si teneva i primi due fine settimana di luglio e ospitava migliaia di persone nei suoi stand che offrivano prodotti gastronomici come Torta coi bischeri e pasta al pesto, legati all’ingrediente di base: il pinolo del Parco di Migliarino, S. Rossore e Massaciuccoli.

Naturalmente non mancavano le grigliate di carne, arrostita sul momento da provetti fuochisti, il tutto in un’organizzazione impeccabile. Perché una Sagra del pinolo a S. Piero a Grado? Ripercorriamo brevemente la storia aiutati da una conversazione con il prof. Enrico Bonari della Scuola superiore S. Anna. Era il 1980, racconta il professore, aveva da poco assunto la direzione dell’azienda agricola sperimentale del parco quando il parroco Guerri di S. Piero a Grado gli propose di pensare a una sagra per il paese coinvolgendo così l’università di Pisa. Era un modo per legare il territorio con le sue diverse realtà. Proprio il prof Bonari infatti stava studiando all’epoca i processi di raccolta meccanica del pinolo. La sagra del pinolo decollò con l’aiuto di personaggi locali attirando subito centinaia di avventori e il ricavato servì ad aiutare le famiglie del paese in difficoltà finanziaria. Sono secoli che in questa zona sono state piantate le pinete grazie ai terreni sabbiosi e al clima temperato della costa. Informazioni sulla storia di queste pinete ci vengono anche da Luca Gorreri, funzionario dell’Ente Parco e coautore del libro Le pinete e la produzione dei pinoli nel territorio del parco di Migliarino, S, Rossore e Massaciuccoli (Pisa 1998). Nei secoli intorno al Mille ci fu la massima decadenza in quanto il terreno costiero era diventato paludoso. In epoca moderna invece venivano preferiti i pini marittimi per proteggere la costa dai venti marini e per aiutare la bonifica del territorio; successivamente, a partire dall’Ottocento gli abitanti hanno ricominciato a piantare il pino domestico che sebbene fosse meno resistente aveva il grande vantaggio di produrre pinoli. Ma è nel primo Novecento, durante il periodo della bonifica, che due aziende iniziarono un folto rimboschimento di pini domestici. La raccolta del pinolo diventa così una fonte di lavoro e quindi di sussistenza per gli abitanti di S. Piero a Grado e dintorni. Naturalmente prima della recente raccolta meccanica i raccoglitori di pinoli erano divisi in «Scuotitori» e «Raccattini» mestieri per i quali occorreva un’ottima forma fisica. I primi scuotevano le chiome dei pini arrampicandosi sugli alberi con scale, a volte in bilico sui rami alti e con un’asta facevano cadere le pigne. I secondi invece, come anticipa il nome, raccoglievano le pigne. Poi i «caricatori» e i «barrocciai» le trasportavano nei luoghi di lavorazione. Dagli anni ’80 come abbiamo visto, la raccolta è stata meccanizzata.

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