ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Quant’è difficile essere adolescenti

Crescere tra la solitudine della pandemia e con la paura di un conflitto esploso alle porte dell’Europa

TORRE DEL LAGO Provate ad immaginare per un istante come possano sentirsi gli adolescenti del 2022: negli ultimi due anni sono stati costretti a guardare lo stravolgimento della loro quotidianità a causa della pandemia globale di Covid-19 e adesso il nuovo conflitto alle porte d’Europa genera in essi nuovi timori. La sofferenza e il disagio adolescenziale dipendono dall’assenza di prospettive future nitide. Essi provano la sensazione di non poter realizzare i propri sogni, le proprie passioni e di non riuscire a costruirsi una propria identità. L’adolescenza non è una scelta, è fase obbligata e tutti hanno il diritto di viverla in modo sereno.

La vita di ogni adolescente, soprattutto durante il primo lockdown, ha visto l’avvicendarsi di cambiamenti positivi, come il sentirsi più vicini e uniti ai propri familiari, e negativi: essere chiusi in casa, costretti ad un nuovo modo di fare didattica, ha accentuato il senso di solitudine e di isolamento, che ancora oggi, in parte, continuano a percepire in ambito scolastico, dove alunni e professori devono rispettare le normative anticovid. «Non aver avuto contatti sociali è stato triste – dicono alcuni di loro -. Ma abbiamo avuto una grande fortuna: l’accesso ad Internet. Questo mezzo di comunicazione ci ha aiutato non solo a seguire le lezioni da casa, nonostante le troppe ore trascorse davanti a uno schermo, ma soprattutto a mantenere i contatti con gli amici e i compagni e condividere con loro le nostre emozioni».

I giovani hanno percepire la gravità della situazione: non in tutti i paesi c’è stata la possibilità di vaccinarsi, i contagi conti-nuano ad aumentare, il sistema sanitario è in grande difficoltà e moltissime persone hanno perso il lavoro. Nell’ultimo mese le immagini che circolano nei media raccontano anche agli adolescenti cosa comporti lo scoppio di una guerra. I giornali, la Tv, i social non fanno altro che parlare di morte e di fame, di famiglie con bambini costretti a fuggire dalle proprie abitazioni in cerca di posti sicuri.

Tutti gli studenti provano gli stessi sentimenti: paura e rabbia. Paura, perché chi può garantire loro che la guerra rimanga circoscritta lì dov’è? E rabbia perché un altro pezzo di adolescenza viene loro sottratto, non solo per il timore che il conflitto possa arrivare fin qui, ma perché è comunque una situazione tragica che toglie loro serenità e ottimismo. Tra le preoccupazioni maggiori c’è quella di non riuscire a vedere un futuro lieto davanti a loro: «Possiamo riflettere a lungo sulla situazione attuale, su come eravamo prima e su come saremo quando tutto tornerà sereno: mostreremo più solidarietà verso il prossimo? Avremo guadagnato un briciolo di umanità? Noi speriamo di sì».

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