Lella, una canzone per riflettere
Con il cantautore Edoardo De Angelis che la scrisse nel 1969, per imparare il rispetto delle donne
Lella. Tutto è partito dall’ascolto di questa canzone, dalla sua musica e dalle sue parole che ci hanno aperto un mondo. Scritta nel 1969 dal cantautore romano Edoardo De Angelis insieme all’amico Stelio Gicca Palli, dal 1971 Lella riceve molto successo anche se, proprio per il tema trattato, quello del femminicidio, viene censurata quando partecipa e vince il Cantagiro, una competizione musicale simile al Festival di Sanremo dei giorni nostri.
La canzone racconta la storia di Lella, una signora che tradisce il marito con un altro uomo, il quale in seguito al rifiuto da parte della donna la uccide. Il femminicidio è un termine introdotto nel nostro vocabolario negli ultimi anni per identificare, in particolare, il gesto di estrema violenza commesso da parte di uomini a carico di donne al termine di una relazione intima; da parte di fratelli e padri a carico di figlie, sorelle, ecc. Il motivo che in generale spinge l’uomo a commettere questi atti è il riconoscimento della donna come oggetto di proprietà e non come essere umano indipendente e libero di scegliere. In Italia questo fenomeno è molto frequente: nel 2021 sono state circa 100 le donne uccise in ambito familiare o affettivo, e di queste 68 sono vittime del partner o dell’ex partner; praticamente circa ogni tre giorni una donna viene uccisa dal marito, dal fidanzato o dall’ ex. Per prevenire e proteggere le vittime di violenza domestica e di genere è stata approvata una legge (Legge n. 69 del 2019) che ha inasprito le pene e introdotto l’arresto per reati di maltrattamento in famiglia e stalking, ma nonostante queste misure i femminicidi sembrano non diminuire. A scuola abbiamo incontrato “virtualmente” il cantautore De Angelis, con il quale abbiamo parlato a lungo di femminicidio. Ecco a voi alcuni passaggi… Quando ha scritto la canzone Lella, esisteva già il termine femminicidio? Esisteva il femminicidio come fatto, ma non veniva chiamato così.
La canzone è nata da una storia vera? No, la canzone è nata su un autobus. Un giorno, mentre andavo a casa di mia nonna, passando davanti a un negozio di cravatte (“er cravattaro”), pensai a questa storia forse frutto delle letture di quegli anni, come Pasolini con i suoi racconti sulle periferie romane.
Pensa che le canzoni possano contribuire a riflettere e a sensibilizzare su temi importanti come questo? Alcune canzoni sì, il cantautorato è sicuramente necessario. Io ho sempre cercato di manifestare un esempio attraverso le mie canzoni e la speranza è che, anche per quanto riguarda il femminicidio, la condanna generale contribuisca alla riduzione del fenomeno”