ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

CPIA di Sarzana (SP: La Spezia)

Cuore del disagio, disagio nel cuore

Un confronto e un dibattito a scuola, tra studio ed esperienze di vita. Serve trovare la forza e un aiuto

Disagio: tanti problemi, una sola parola. Il disagio del goffo, dell’impaccio, dell’imbarazzo, del dubbio e dell’incertezza, o quello della scomodità, della mancanza di qualcosa, del problema occasionale e delle sue conseguenze, non sono lo stesso disagio profondo, cronico, radicato e difficilmente eradicabile di molte altre situazioni. Ma tutto questo sta dentro alla stessa parola. Sara, per esempio, ci dice che essere lontani dalla propria famiglia comporta sicuramente un disagio, perché nei momenti più difficili viene a mancare quel conforto reciproco e rassicurante.

Baabi, marocchino, osserva: «In questi due anni, è cambiato il nostro modo di vivere, la nostra vita: molti hanno perso il lavoro, l’economia si è fermata e ora non è facile tornare alle abitudini di prima». Chi arriva da altri Paesi, fra mille difficoltà, si porta dentro il disagio che lo ha spinto fino a noi: povertà, guerre, violenze, persecuzioni.

Sandali ci ricorda il trauma degli otto attentati della Pasqua 2019, con centinaia di morti e di feriti, contro la comunità cristiana del suo Sri Lanka, un Paese ancora segnato dallo tsunami del 2004. E come non pensare ai venti di guerra intorno all’Ucraina di Roman, allo sguardo smarrito dei tanti rifugiati afghani, all’Eritrea di Shewit e a tutte quelle guerre cui milioni di persone sono esposte? Il disagio lo vediamo nelle cicatrici di chi ha sperimentato la detenzione nei campi e nelle prigioni libiche o di chi ha perso un amico mentre attraversava il Mediterraneo. Certo, questi non sono più disagi, ma disastri, come sottolinea Roman.

Aurora, peruviana, riassume il disagio dei migranti: alla separazione da famiglia, amici, luoghi, si aggiunge la condizione di inferiorità che viene riservata loro nei luoghi di approdo, spesso sfruttati, malpagati e irrisi, per la loro fragilità linguistica e culturale. Olesia, siberiana, da parte sua, ci dice che nella sua esperienza di immigrata non ha mai parlato di disagio, ma di sfide. Il disagio lo ha conosciuto solo a partire dall’inizio della pandemia, con gli obblighi, le incertezze, i sospetti, parole che pensava di essersi lasciata alle spalle si r, venendo via dalla Russia.

Qin si ritiene fortunata, perché, pur avendo incontrato tanti disagi nella sua vita, ha sempre trovato la forza dentro di sé per superare tutte le difficoltà e qualcuno che l’ha aiutata. Non sempre è così.

Karena, infatti, individua forme di disagio – psicologico, culturale, economico – e, per superarle, a volte bisogna combattere con il sistema, a volte con sĂ© stessi.

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