ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Discriminazioni, l’ora di cambiare

Interviste in centro sui temi della parità: ecco cosa ne pensano i pratesi di omofobia, razzismo e sessismo

«Scusi, lei cosa ne pensa delle discriminazioni?» Una domanda non facile. L’abbiamo rivolta ai cittadini di Prato, mentre camminavano per le vie del centro, di mattina. Abbiamo lanciato parole pesanti: razzismo, sessismo, omofobia. La società ha una facciata tollerante, le istituzioni ripetono che siamo tutti uguali e che stiamo lavorando costantemente per raggiungere una vera parità fra persone di ogni genere, etnia, religione, orientamento sessuale, identità di genere. Eppure la cronaca continua a raccontare episodi di violenza e rifiuto. Per questo abbiamo deciso di interrogarci per primi sulle discriminazioni. Per la maggior parte, ci è parso che Prato si sia dimostrata una città aperta. Una frase ricorrente nelle interviste è stata. «Nel 2022 non si può ancora sentire di persone razziste, sessiste, omofobe». Insomma, è tempo di cambiare. Questi atteggiamenti nel mondo di oggi sono «assurdi», sono «idee antiquate che dovrebbero sparire». Questo è un tipo di commento che abbiamo ricevuto da persone di ogni genere, etnia ed età. Da dove vengono queste idee negative? Dalla cultura, dalla tradizione. «Il sessismo esiste perché è sempre stato nella nostra cultura, le donne hanno iniziato da poco ad avere dei diritti, e alcune ancora non li hanno». La discriminazione ha vari livelli: si parte da una parola di troppo detta a scuola, si va avanti fino a esclusioni molto dannose, come quelle nel mondo del lavoro. E sempre parlando di lavoro, più persone hanno espresso rabbia nei confronti dello sfruttamento messo in atto verso troppi migranti, che vengono in Italia in cerca di una vita migliore e invece finiscono nella rete dello sfruttamento. Le risposte negative ci sono state, purtroppo senza molte giustificazioni. Abbiamo assistito a un’esternazione profondamente razzista nei confronti dei popoli Rom e Sinti, per esempio, confermando così che l’antitziganismo in Italia è ancora presente. Qualcun altro si è sottratto alle domande sull’omofobia, qualcuno, pur condannandola, ha usato parole poco cortesi nei confronti delle persone omosessuali. Infine, c’è stato un bizzarro intervento sul ’razzismo al contrario’: secondo un intervistato, alcune persone musulmane non desiderano parlare con i cristiani. Quindi, alla fine, la soluzione qual è? «Serve tanta educazione, a scuola, in famiglia e fra gli amici». La scuola è al centro: bisogna parlare di questi problemi, capirli e imparare ad affrontarli.

Il futuro è dei più giovani, che sono più aperti di mente e possono portare un cambiamento positivo. E su questo siamo d’accordo: poter fare questo lavoro ci ha portati a metterci in discussione e a riflettere sull’importanza di avere una società davvero paritaria.

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