ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Storie di infanzia «capovolta»

La domanda degli studenti: il mondo in cui viviamo è veramente un mondo «a misura di bambino»?

PISA «C’è una classe, in Italia, piena di banchi vuoti. Per il resto somiglia a qualsiasi altra classe di una qualsiasi scuola del nostro Paese: con la cattedra, la lavagna, cartelloni alle pareti e in mezzo alcune file poco ordinate di banchi. Ma quei banchi sono vuoti. Sempre vuoti». Lavorando sul libro «La classe dei banchi vuoti» di Luigi Ciotti, abbiamo scoperto che spesso i bambini sono vittime di crudeltà ingiusta per la quale, a volte, perdono la vita. Molti muoiono a causa della mafia: perché sono figli o parenti di pentiti o perché si trovano nel posto sbagliato al momento sbagliato. Le loro storie rappresentano la vita di ragazzi come noi, con le loro passioni, immersi nella loro quotidianità, che è stata strappata via brutalmente e improvvisamente. Bambini sequestrati, colpiti da proiettili per sbaglio, sciolti nell’acido. Senza pietà.

Come Caterina, di appena 50 giorni, forse la più giovane vittima di mafia, morta nel 1993 a causa di un attentato nel centro di Firenze. Come Benedetto, 13 anni, ucciso per aver commesso una sciocchezza: spesso si assentava da scuola e usciva con ragazzi più grandi di lui; fu coinvolto in un furto ai danni della madre di un boss e questo errore gli costò la vita. In un mondo a misura di bambino crescere dovrebbe significare avere il diritto di sbagliare. Bambini soldato, reclutati per scopi bellici in oltre ¾ dei conflitti armati, allontanati dalle famiglie, manipolati per odiare e uccidere. Come Mike, Repubblica Democratica del Congo. Aveva solo 11 anni quando fu allontanato da scuola e portato in un campo militare, dove impugnò il primo fucile: «Violentare, saccheggiare, uccidere: questo ci veniva insegnato». L’imperativo di un bambino non dovrebbe essere: «giocare, sognare, correre»? Un’infanzia capovolta, la sua. 144.

144 sono i bambini morti finora a causa della guerra, vittime dei bombardamenti in Ucraina. Come Kirill, 18 mesi, avvolto in una coperta celeste tra le braccia del padre. Come Tanya, 6 anni, morta disidratata sotto le macerie di un edificio di Mariupol. Tra le braccia dei genitori o tra le mura della propria casa non abbiamo il diritto di sentirci protetti? Viviamo in un mondo che sembra vietato ai bambini. Se tutti noi avessimo la forza e la speranza di quel bambino ucraino di 11 anni, che è riuscito a mettersi in salvo, dopo aver percorso mille chilometri a piedi con uno zainetto sulle spalle e un numero di telefono scritto sulla mano, forse riusciremmo a dare un impulso per cambiare il mondo in cui viviamo. Chissà come sarebbe davvero un mondo a misura di bambino? Sarebbe, forse, un mondo a misura di tutti.

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