ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Pennacchi di Passaggio di Bettona (PG) - 3A -3B

Ieri e oggi: partigiane per sempre

Il ruolo della donna nella società. Durante la guerra furono molto attive. La scalata prosegue, non senza fatica

Per il nostro Paese l’impatto della seconda guerra mondiale è stato totalizzante coinvolgendo tutti gli strati sociali della popolazione. Eppure per alcune donne “in fondo era stato bello”(cit. Miriam Mafai, Pane nero) perché  finalmente avevano avuto un ruolo che non fosse solo rilegato alle mansioni domestiche. Le donne rispetto agli  uomini erano in una posizione di svantaggio causato anche da un alto tasso di analfabetismo riscontrato soprattutto in quelle del Sud Italia; questo svantaggio in particolare fu esaltato dal regime fascista come ulteriore pretesto per confinarle al ruolo madri-mogli. Per l’intera popolazione italiana la situazione precipitò dopo l’8 settembre del 1943, così per contrastare l’invasione nazista si formò la Resistenza. Mentre gli uomini, oltre all’obbligo di leva, furono spinti anche ad “arruolarsi” nella Resistenza, la partecipazione delle donne fu volontaria. La partecipazione femminile alla Resistenza avvenne maggiormente nel Nord Italia perché le donne erano più facilitate dalla loro condizione sociale. Essere identificate come madri-mogli, quindi inquadrate in un ruolo subordinato rispetto all’uomo, aveva consentito alle donne di non essere viste come una minaccia per il nemico. Le partigiane utilizzavano la bicicletta come mezzo principale per veicolare comunicazioni e informazioni tra le brigate: anche se si spostavano con un mezzo che nel 1944 era stato proibito agli uomini, ai posti di blocco riuscivano spesso a non destare alcun sospetto.

Le partigiane non furono soltanto le cosiddette staffette: a volte trasportavano armi o viveri ed è ben noto che alcune di loro avessero imbracciato il fucile.

L’impegno delle donne contro l’invasore fu concreto e diede loro una posizione che tuttavia tornò alla condizione precedente, per lo più marginale, nell’immediato dopoguerra. Seguirono alcuni anni caratterizzati dal ritorno alle vecchie abitudini del Belpaese, ovvero di confinare la donna ai margini della società. Per assistere a un nuovo processo di emancipazione bisognerà attendere gli anni del boom economico, dove di fatto le donne ripresero le redini della situazione. A difesa della propria dignità e per affermare una posizione che fosse paritaria sono state fatte tante lotte, e in un certo senso le donne sono tornate a essere partigiane. Sono stati fatti tanti passi avanti in termini di parità di genere e le donne hanno ottenuto degli importanti successi. Alcune di loro hanno ottenuto ruoli di alto profilo nella vita economica e politica del Paese, ma in tanti aspetti della nostra società sono ancora presenti dei rigurgiti discriminatori, quindi la battaglia per la parità di genere non è ancora conclusa.

 

Abbiamo incontrato Mirella Alloisio, uno degli ultimi membri della Resistenza: una testimonianza viva e commovente di ciò che è successo nel nostro Paese durante l’oppressione nazi-fascista.

Cos’è per lei la libertà? «È poter pensare, esprimere le proprie idee senza paura».

Com’è entrata in contatto con i partigiani? «Un antifascista mi fece leggere un libro che mi aprì la mente. Decidemmo di creare un’organizzazione che fosse in grado di respingere tutto quello che facevano i nazisti e i fascisti».

Qual era il suo nome durante la Resistenza? «Il mio primo nome di battaglia è stato Olga. Poi una amica rivelò la mia identità, fui costretta a cambiare nome e diventai Marika. Un professore fece lo stesso sbaglio e divenni Rossella».

Com’era tenere nascosto che fosse un membro della Resistenza? «Vivevo in un ambiente antifascista. Mia madre nascondeva i documenti in un cesto sotto un giornale ricoperto di cipolle appeso all’esterno di una finestra».

Qual è il messaggio da dare ai giovani? «Di non stare a guardare, ma di essere consapevoli e attivi avendo chiaro che ognuno è un cittadino con diritti e doveri».

 

La testimonianza storica permette ancora oggi di ascoltare le voci delle persone che hanno vissuto alcuni dei periodi più oscuri e difficili del nostro Paese. Grazie a racconti veri e autentici, è ancora possibile assistere ad alcune prove tangibili della tragedia della guerra. Ricordare i fatti che sono successi nel passato è un bene prezioso, perché danno delle lezioni di vita alle persone di oggi e veicolano dei messaggi molto importanti per valorizzare in modo più adeguato il tempo di pace.

Liliana Segre, senatrice a vita della Repubblica italiana e sopravvissuta alla deportazione nazista, è una testimone attiva della Shoah: per lei la memoria rende liberi. È unica anche la testimonianza di Mirella Alloisio.

In occasione della ricorrenza della Liberazione, il 25 aprile 2020, particolarmente toccanti sono state le parole del presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «Fare memoria della resistenza, della lotta di liberazione, di quelle pagine decisive della nostra storia, dei coraggiosi che vi ebbero parte, resistendo all’oppressione, rischiando per la libertà di tutti, significa ribadire i valori di libertà, giustizia e coesione sociale, che ne furono alla base, sentendoci uniti».
La pagina è stata realizzata dagli studenti delle classi 3A e 3B. La dirigente scolastica è S. Mazzoni. Insegnanti tutor M. Caruso e I. Faloia.

Il nostro ringraziamento va a Mirella Alloisio, partigiana della Resistenza. Ci ha raccontato che poco più che 17enne era responsabile della segreteria operativa del Cln Liguria: portava nella cartella scolastica documenti del vertice cospirativo occupandosi della propaganda. Ha riferito le sue esperienze con un sorriso incoraggiante che rivelava un carattere di vera combattente. Incontrarla è stato un privilegio. 

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