L’italiano? È vivo e lotta insieme a noi
L’Accademia della Crusca cura lo sviluppo della lingua: e la adatta via via ai cambiamenti della società
La nostra classe ha partecipato al progetto curato dall’Accademia della Crusca Un viaggio tra le parole. Ci siamo confrontati in classe con due Accademici, i professori. Valeria Saura e Gianluca Barone.
Come si entra alla Crusca? «Dipende dal ruolo che una persona ricopre: ci sono giovani laureati che hanno una borsa di studio, o degli insegnanti chiamati dal consiglio direttivo dell’Accademia per occuparsi della scuola».
In cosa consiste il lavoro degli Accademici? «Anche qui dipende dal ruolo: gli Accademici veri e propri si occupano di molte questioni (rapporti con altre istituzioni, organizzazione e partecipazioni a convegni, gestione dell’archivio, consulenza linguistica, pubblicazioni). Poi coloro che lavorano all’archivio, alla consulenza linguistica, all’ufficio pubblicazioni, o all’ufficio scuola». In che condizioni è la nostra lingua italiana oggi? «È viva e cerca di adattarsi ai cambiamenti della società di oggi. La Crusca se ne prende cura, lavorando insieme alle scuole, per restituirle lo spazio necessario per agevolare l’apprendimento degli studenti, specie nelle realtà più problematiche».
Che pensa la Crusca della lingua dei social? Abbreviazioni, semplificazioni, anglismi…
«Per le abbreviazioni, non bisogna scandalizzarsi: vengono usate soprattutto sui cellulari, la comunicazione è rapida e lo spazio ridotto, si cerca di sfruttarlo al meglio; le abbreviazioni venivano già utilizzate dai copisti nel Medioevo per risparmiare spazio sulla pergamena. Sulle semplificazioni bisogna stare attenti: se ci si riferisce alla scarsa competenza sul lessico e a un utilizzo poco corretto delle parole, bisogna curare di più la capacità di esprimersi, oralmente e per scritto. Per questo a scuola bisognerebbe puntare sull’educazione linguistica, fin dagli anni della primaria. Sugli anglismi è un fenomeno che ha sempre caratterizzato le lingue: molti termini entrano per moda, ma poi scompaiono, altri si adattano all’italiano e ne assumono alcune caratteristiche morfologiche. Avviene lo stesso per molti termini diffusi all’estero: pensate alle parole della musica (piano, pianissimo, andante…) o della cucina (pizza, spaghetti, tiramisù), o a ciao, per salutarsi in tutto il mondo.
Che consigli dareste a noi studenti per migliorare l’italiano? «Riflettere ed esercitarsi sulla lingua; adeguare il proprio italiano a ogni testo. Lavorare sulle parole, fare esercizi sulla comprensione e il giusto uso delle parole, imparando a utilizzare le voci del dizionario, e leggendo le informazioni che forniscono sugli aspetti grammaticale, sui significati,, e così via. Purtroppo oggi quasi nessuno consulta più i dizionari: un limite grave.
L’Accademia della Crusca è la più antica e importante istituzione italiana a tutela della lingua.
Fondata nel 1583 ha sede oggi a Firenze, nella villa medicea di Castello. Il primo vocabolario della lingua italiana è il Vocabolario degli accademici della Crusca, pubblicato nel 1612.
Il nome Crusca e il suo motto “Il più bel fior ne coglie” fanno riferimento alla parte meno nobile del grano, vagliato alla ricercadi impurità, così come i termini non accettabili dal punto di vista ortografico, morfologico o semantico, devono essere eliminati per mantenere la lingua pura. L’ Accademia è molto attiva anche sul web con attività e iniziative aperte alle scuole, ai docenti, ma anche ai semplici amanti dell’italiano che possono porre dei quesiti linguistici su curiosità, dubbi, chiarimenti grammaticali e lessicali. L’Accademia è a disposizione di quanti amano la nostra lingua in un’ottica di scambio arricchimento e apertura, lontana quindi dall’immagine polverosa che ci spingerebbe a pensare a studiosi intenti solo a studiare dentro gli archi-vi. Ha inoltre oggi una visione molto più elastica nei confronti dell’italiano contemporaneo, pronta ad accogliere forme nuove (neologismi), termini stranieri (prestiti) e tutti quei mutamenti lessicali che rendono la nostra una lingua ancora in divenire.
Secondo una recente proposta di legge, i termini inglesi nella Pubblica amministrazione dovrebbero essere vietati, per fare spazio ai corrispettivi termini italiani: alcuni osservatori hanno ritenuto che l’uso dilagante dell’inglese possa togliere spessore e personalità alla nostra lingua rendendola succube delle influenze straniere. In realtà questa operazione è di difficile applicazione, gli ambiti in cui usiamo termini stranieri, soprattutto gli anglismi, sono troppi e a volte queste parole sono così efficaci che sembrano davvero insostituibili senza ricorrere a espressioni più contorte. Pensiamo solamente a brunch, hater, privacy, check- in.
Abbiamo provato a immaginare come potrebbe diventare un testo, se togliessimo tutti i termini inglesi che usiamo. Una frase come: «Sui social gli influencer taggano i testimonial delle griffe più trendy con gli outfit della fashion week: il top sono gli shorts con le sneakers per un look very cool» diventerebbe: «SuIla rete sociale gli influenzatori ci presentano i testimoni dei marchi più conosciuti con i vestiti della settimana della moda. Il massimo sono i pantaloni corti con le scarpe da ginnastica, per un aspetto di tendenza».
In effetti non è la stessa cosa.
STUDENTI Nicola Acciai, Sara Alili, Ahmed AlNayan, Emma Brilli, Luciano Brunetti, Emma Campani, Valentina Cerini, Federico D’Avenia, David Andrej, Maria Cristina Duma, Adele Ghelli, Bianca Giannetti, Mattia Leonardi, Matilde Mancini, Martino Masetti, Elettra Meazzini, Mattia Mori, Filippo Paoletti, Serena Scalzo, Manuel Sensi, Sidney Settimelli INSEGNANTI Lara Alterini PRESIDE Maurizio Librizzi