Palestina, storia di una terra difficile
Un conflitto che ha causato migliaia di morti, tanta sofferenza rendendo incerto il futuro dell’area
Palestinesi e Israeliani sono due popoli in lotta da quasi cento anni, ma di questa realtà siamo abituati ad ascoltare le ragioni di una sola parte. I contrasti sono nati all’inizio del XX secolo quando incominciò l’emigrazione dall’Europa a causa dell’antisemitismo. Il movimento sionista, fondato da Theodor Herzl alla fine dell’Ottocento, sosteneva la necessità di creare uno Stato ebraico considerando la Palestina «una terra senza popolo che doveva essere destinata ad un popolo senza terra».
Alla fine della seconda guerra mondiale, l’Onu il 29 novembre 1947 con risoluzione numero 181 approvava il piano di divisione della Palestina che prevedeva la nascita di due stati indipendenti. La scelta fu rifiutata dai palestinesi che vedevano sottrarsi il loro territorio e ciò portò ad una serie di conflitti che non sono ancora finiti e che hanno determinato la non nascita dello Stato palestinese.
Se guardiamo infatti la cartina attuale della Palestina, vediamo come non esiste più la possibilità di creare uno stato perché la Cisgiordania è ridotta a piccoli pezzetti separati e spostarsi da una zona all’altra è veramente difficile a causa dei check-point controllati dall’esercito israeliano che spesso vieta arbitrariamente il passaggio delle persone per andare al lavoro, a scuola, all’ospedale. A questo si aggiunge la costruzione del muro intorno ai centri abitati palestinesi lungo 730 chilometri che Israele considera una difesa contro il terrorismo e che i palestinesi chiamano il «muro della vergogna» che separa, per esempio, i contadini dai propri campi e impedisce il lavoro. Vi è poi il problema della costruzione di insediamenti ebraici nei territori occupati per costringere i palestinesi ad andarsene. La strategia di allontanamento comprende anche la distruzione delle case e di altre infrastrutture come scuole, fabbriche, mercati, cimiteri.
Le motivazioni usate per distruggere le case sono diverse: punizione per aver ospitato un terrorista, sicurezza, motivo urbanistico, come per esempio la costruzione di una strada. Ancora più difficile la situazione nella Striscia di Gaza definita «una prigione a cielo aperto» dove in un’area di 365 chilometri quadrati vivono circa due milioni di persone che non hanno libertà di movimento e spesso i beni di prima necessità non possono entrare. Alla fine di questo breve viaggio nella questione israelo-palestinese forse una cosa l’abbiamo imparata: la storia non va guardata solo da un punto di vista ma bisogna aprire la mente, capire, ascoltare tutti senza pregiudizi.
Abbiamo chiesto a Barbara Gagliardi, presidente ’Associazione di amicizia italo-palestinese, nata nel 2004 a Firenze per dare una veste ufficiale a tutte le iniziative per la Palestina, di fotografare la realtà attuale descrivendoci com’è la situazione e se l’associazione ha rapporti con chi opera in Palestina.
«La situazione è difficile – ha detto Gagliardi – i bombardamenti nella Striscia di Gaza, iniziati nel 2006, sono continuati nel 2008, 2012, 2014 e 2021. In Cisgiordania i territori sono stati confiscati per la costruzione del muro, continua l’ampliamento della colonie israeliane, Israele ha introdotto la definizione di «Israele Stato nazione degli ebrei» e questo, secondo Amnesty International, crea un vero e proprio stato di apartheid. Abbiamo contatti con le Associazioni per assistenza medica, istruzione, aiuto agli orfani e supporto all’ economia. Cerchiamo di diffondere la conoscenza della cultura palestinese, di quanto avviene nei territori occupati attraverso convegni, libri e film. L’obiettivo è giungere aduna convivenza fra i due popoli, siamo consapevoli che il percorso è lungo, ma ci dà forza vedere che parte della società civile ha preso le distanze dal governo israeliano, non condividendo le leggi dell’apartheid e protestando per i diritti di tutti».
Mahmoud Darwish, scrittore palestinese considerato tra i maggiori poeti del mondo arabo, ha raccontato l’orrore della guerra, dell’oppressione, dell’esilio del popolo palestinese. Ritornato in patria da clandestino, narra la sua condizione di «alieno» e di «ospite illegale» nel suo stesso paese.
Abbiamo scelto la poesia «Pen-sa agli altri» perché racconta, in modo semplice ma toccante, tutto il dolore di chi non ha più niente. Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri, non dimenticare il cibo delle colombe./ Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri, / non dimenticare coloro che chiedono la pace.
/Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli / altri, coloro che mungono le nuvole. / Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli / altri, non dimenticare i popoli delle tende. / Mentre dormi contando i pianeti, / pensa agli altri, / coloro che non trovano un posto dove dormire. / Mentre liberi te stessa con le metafore, pensa agli / altri, coloro che hanno perso il diritto di esprimersi. / Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te / stesso, e dì: magari fossi una candela in mezzo al / buio.
Il gruppo della Classe 2 D della scuola I.C. «G.
Chini» di Montecatini che ha realizzato la pagina: Nicole Anichitei, Dennis Ara, Elektra Ara, Emma Biagi, Andrej Cappello, Marta Dami, Kejsi Ferhati, Giorgia Fusco, Dorentina Haka, Hossam Henini, Ashley Isaku, Anxhi Kasa, Leo Kollcaku, Arianna Lupo, Evelina Maciuca, Rebecca Nelli, Francesco Orsucci, Mohammed Ouarch, Arlette Pieri, Edoardo Quaranta, Marin Tare, Martina Tashi, Matia Varaku, Niccolò Vescio, Iris Xhafa.
La dirigente scolastica Roberta Tommei.
La docente tutor: professoressa Elisabetta Puccini.