La storia dell’ex Casa del Fascio
Tante verità si sono rincorse sull’esplosione del 18 luglio 1945. Ma cos’è veramente successo quel giorno?
Il 18 luglio del 1945 la città di Viareggio era a pezzi, uscita da poco dalla guerra e dai bombardamenti; uno degli edifici rimasti in piedi, insieme alla maggior parte di quelli della Passeggiata, era la ex Casa del Fascio in Piazza Mazzini. Il palazzo, costruito a fine anni ‘30 a seguito della demolizione della precedente Villa Castoldi, fu requisito nel settembre del 1944 dal Governo militare alleato che ne fece un circolo ricreativo per soldati gestito dalla Croce Rossa Americana. Durante la guerra i tedeschi avevano minato tutta la spiaggia di Viareggio partendo dal canale Burlamacca fino alla fossa dell’Abate, per questo durante l’estate un gruppo di sminatori si stava occupando di dissotterrare tutte le mine rimaste, per poi depositarle provvisoriamente nel villino Montauti, proprio dietro al circolo. Una volta raccolte, le mine dovevano essere portate a Pisa e disinnescate definitivamente. Proprio il giorno prima partì un camion per Pisa che conteneva tutte le mine raccolte, ma per problemi tecnici furono rispedite al villino. Erano le 15.30 quando il vigile urbano Ilio Ghilarducci, di guardia lì davanti, vide del fumo uscire dal villino Montauti. Poco dopo le mine esplosero: furono danneggiati vari palazzi e abitazioni compresa la Casa del Fascio. Molta preoccupazione tra i viareggini, cinque isolati danneggiati, 50 feriti tra cittadini e soldati e molti morti. Il giorno dopo gli americani comunicarono il numero esatto dei loro morti, 24. La città passò la notte a cercare le vittime, l’ultima trovata alle sette di mattina del giorno dopo, un bambino di tre anni colpito da macerie; in totale 17 morti italiani. Gli americani non dissero i nomi delle loro vittime e non diedero notizie. Molte persone dissero che la causa dell’esplosione era stata casuale, forse una sigaretta gettata ancora accesa dalla finestra. Per anni il lotto è rimasto abbandonato. Dopo anni di dicerie, di leggende e di progetti sull’ex Casa del Fascio, il Comune di Viareggio ha preso la decisione di usare questo spazio ormai degradato per migliorare la città e il bene dei cittadini costruendovi un parco pubblico con dei giochi per bambini accessibile a tutti.
Come mai ha escluso l’ipotesi di una festa nel giorno dell’esplosione? «I giornali dei giorni successivi non parlano mai di alcuna festa. E non è pensabile che ci siano stati 80 morti (40 militari e quaranta ragazze coinvolte nella festa): i corpi si sarebbero ritrovati. Grazie ai documenti le cifre sono state riportate alle giuste dimensioni». Come mai ha scritto un libro su questo evento? Dove ha trovato le informazioni? «Mi sono sentito in dovere di cercare la verità per le vittime e per i loro familiari. Le mie fonti principali sono state le cronache di stampa, i giornali americani “Stars and stripes“ e “Afro“ e vari archivi nazionali e internazionali». Ha mai pensato all’ipotesi di un attentato? «Ci sono state diverse ipotesi sull’attentato ma nessuna di queste ha avuto nessun riscontro né nell’inchiesta americana né in quella italiana». Ci sono state discriminazioni fra Italiani e Americani? «A parte le tensioni legate al governo della città e all’incontro tra popoli diversi, gli Americani avevano contribuito alla Liberazione dell’Italia dal fascismo, c’erano interessi comuni e da ambo le parti prevalse la solidarietà, come ap-punto in questa occasione». Cosa vorrebbe che fosse costruito nel luogo dove si trovava la ex Casa del Fascio? «A me convince l’idea di uno spazio pubblico aperto, che sicuramente può essere utile e piacevole per gli abitanti di Viareggio».
La zona di piazza Mazzini è legata a diverse dicerie e leggende viareggine. Nell’agosto del 1822 proprio lì davanti venne restituito dal mare il cadavere di Shelley. Nel 1902 l’ingegnere Castoldi costruì una villa e la donò alla figlia Enedina, da cui prese il nome. Secondo una leggenda la villa era infestata dal fantasma di Zely, figlia di Enedina e del marito Sollmann Bertolio, uccisa dal padre. Tra i viareggini cominciò a diffondersi la voce che la casa fosse infestata da misteriose larve notturne e ben presto la si chiamò “Villa degli Spiriti”, i viareggini si radunavano davanti alla villa la sera convinti divedere muoversi al suo interno dei fantasmi. Con la morte di Enedina Castoldi, nel 1937, a 61 anni, la famiglia di Sollmann Bertolio si estinse. Le leggende sulla villa non finirono qui. Una diceria racconta che Villa Enedina venne donata direttamente a Benito Mussolini. Nella realtà la villa, che già durante la prima guerra mondiale era stata requisita per essere messa a disposizione dei profughi del Trentino-Veneto, passò allo Stato. Negli anni 30 villa Castoldi venne demolita e sul terreno venne edificata la nuova Casa del Fascio di Viareggio. Dopo la Liberazione, la Casa del Fascio venne requisita dagli americani, che ne fecero un circolo ricreativo per soldati, e da quel momento nacquero un sacco di voci riguardo a cosa avvenisse all’interno del circolo. In ultimo, è diffusa la storia, del tutto infondata, che il giorno dell’esplosione in quel posto ci fosse una festa di ballo e che le ragazze presenti e uccise fossero 40.
La pagina è stata realizzata dagli alunni della classe III C della scuola media Jenco di Viareggio. In redazione: Atangan Mark Angelo, Barsaglini Lucrezia, Basalic Cristian Gabriel, Beani Filippo, Bianchi Matias, Caprili Alice, Carbone Riccardo, Ceccaroni Egle Sofia, Codecasa Tommy, Colombo Alessandro, Cosignani Sofia, Costa Rebecca, Del Mutolo Claudia, Duccini Mattia, Fabbri Marta Amelia, Ghilarducci Alessio, Grassi Lorenzo, Guidozzi Sara, Ilardi Sofia, Lagalla Giacomo, Lombardi Samuele, Niccolai Alfredo, Stanciu Avram, Tognazzi Giulia, Zerini Ginevra.
Insegnante tutor: Susanna Paoletti.
Dirigente scolastica: Caterini Barbara.
La classe esprime un ringraziamento al professor Stefano Bucciarelli per tutte le informazioni e l’aiuto.