ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Bettino Ricasoli di Gaiole in Chianti (SI) - Redazione

L’ulivo, una risorsa del Chianti

Alla scoperta delle origini e dei cambiamenti dell’olivicoltura che caratterizza il nostro paesaggio

L’ulivo o meglio la varietà selvatica della pianta, l’oleastro, un arbusto spinoso che produce frutti piccoli, amari e non commestibili, è presente lungo le coste toscane, fin dall’età preistorica. L’olivicoltura toscana rappresenta una lenta conquista dell’operosità umana, certamente più lenta e più facile di quella impiegata per la diffusione della vite a causa di una più ridotta capacità di adattarsi al clima e della necessità di un iniziale investimento per l’impianto di un oliveto, che non dà resa per circa vent’ anni. In Italia la coltivazione dell’olivo si diffuse inizialmente in Sicilia e nella Magna Grecia, su probabile impulso dei coloni greci (il vocabolario latino ed etrusco dell’olivo e dell’olio è quasi interamente di origine greca).

A partire dal VI secolo a.C. il nome stesso dell’olio – eleiva –iscritto su un aryballos in bucchero da Cerveteri testimonia la coltivazione dell’olivo e il consumo di olive e di olio in Etruria.

Sono stati inoltre ritrovati i resti contenuti in un bacile in una tomba etrusca e i frutti trasportati in un’anfora di produzione etrusca a bordo di una nave naufragata davanti all’isola del Gi-glio. Sulla costa tra Liguria e Toscana, ancora oggi nota per il suo olio, diverse testimonianze mostrano come la produzione fosse piuttosto diffusa in epoca romana.

Più tardi, alla fine del Medioevo, in Toscana ci fu un importante incremento dell’olivicoltura, soprattutto per i territori del fio-rentino e del senese, grazie ai proprietari urbani con i loro poderi a mezzadria. Si recuperarono così terreni impervi, anche con la costruzione di terrazzamenti. Nel corso degli anni il paesaggiotoscanodivenneagrario, costituito prevalentemente da soli olivi o da olivi e vite. Furono così trasformate ampie zone boschive in vigneti e oliveti, favorendo l’esaltazione dello straordinario paesaggio compreso tra le città di Firenze e Siena. Col tempo, lentamente, il consumo dell’olio, inizialmente diffuso soprattutto tra nobili e benestanti, crebbe anche fra i ceti popolari e contadini che se ne servivano per condire le verdure crude e per friggere, in alternativa allo strutto. Nel secondo dopoguerra si registrò un rallentamentodellacrescitadell’olivicoltura toscana in particolare a seguito delle disagiate condizioni di vita nelle campagne e del conseguente fenomeno dell’abbandono dei fondi rustici. Solo recentemente si assiste a un ripopolamento delle aree rurali e a un crescente interesse economico verso l’olivo e l’olio E.V.O.

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