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Scuola Secondaria di I grado Fermi di Casalguidi (PT) - Redazione

Iran, tra repressione e ribellione

La voce dell’attivista di origini iraniane, Pegah Moshir Pour, contro il regime islamico: la video intervista

Per capire che cosa sta accadendo in Iran, gli studenti hanno intervistato via web, Pegah Moshir Pour, attivista di origini iraniane.

Prché l’Islam è più radicale in Iran rispetto agli altri Paesi? «In Iran la religione viene utilizzata come mezzo per avere un controllo sulle persone, quindi viene male interpretata. In realtà l’Islam non sostiene ciò che fa la Repubblica islamica, ma professa la pace, la fratellanza e la sorellanza. Il regime interpreta in maniera personale la religione e modifica le leggi. Ci troviamo di fronte ad una dittatura e l’obiettivo delle proteste è proprio quello di far cadere la dittatura».

Come vive personalmente la situazione in Iran? «Da quattro mesi, ogni giorno, racconto quello che sta succedendo in Iran, soprattutto quello che accade nelle scuole e ai vostri coetanei, che non hannoaccesso a internet, che non possono uscire per strada senza rischiare di essere colpiti da una pallottola o da una manganellata. Sono situazioni molto difficili ma che devono essere raccontate. Dobbiamo raccontare per aiutare i giovani che dovranno ricostruire l’Iran domani».

Cosa non è permesso fare alle donne oggi in Iran?«Dal ‘79 in poi le donne hanno cominciato a perdere i loro diritti fondamentali, come il diritto all’aborto, hanno avuto sempre meno accesso alla politica ed è diventato sempre più difficile avererappresentantidonneall’interno dei tavoli decisionali.

Tuttavia le donne hanno sempre continuato a battersi per i loro diritti e per la loro libertà. Og-gi siamo a un punto di non ritorno: si parla di diritti a 360 gradi.

Il 70% della popolazione è al di sotto dei trent’anni, quindi è molto giovane, e chiede di vivere in pace e in serenità: vuole scegliere liberamente la propria università, avere accesso alla politica e votare liberamente.

Le donne sono il vero motore di questa rivoluzione, insieme ai giovanissimi che sono i più attivi, soprattutto nelle strade».

Che ruolo hanno i social nelle proteste? «Hanno un ruolo fondamentale.

Senza social come Instagram e Tik Tok o Twitter noi non sapremmo niente di ciò che sta accadendo. Molti, nei video, indicano giorno, ora e luogo in cui stanno filmando per geolocalizzare l’evento. Quello diventa un dato giornalistico, mentre le immagini forniscono una testimonianza della brutalità che il regime esercita sui manifestanti».

Come possiamo partecipare attivamente alle proteste? «Si può partecipare condividendo le notizie, seguendo gli hashtag pubblicati dagli attivisti, rispondendo alle petizioni di Amnesty International e anche semplicementeparlandone.Giàquello che state facendo oggi in classe è molto importante».

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