ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Al Miur c’è aria di cambiamento

La riflessione degli studenti: «Per il ministro non siamo né carne né pesce e sogna una scuola nuova»

VICOPISANO Dopo la pandemia si torna a parlare di cambiare la scuola. E le opinioni sono tante. Chi dice che gli insegnanti hanno troppe vacanze non sa che in realtà in Italia si va a scuola più che negli altri Paesi europei e per ragioni climatiche le vacanze sono concentrate nei mesi estivi, cosa che può mettere in difficoltà le famiglie. Noi, però, non vorremmo andare a scuola in estate neppure se ci fossero i condizionatori! C’è poi chi si lamenta dei compiti, ma questi, seppur noiosi, sono necessari per fissare il vine è la parte attiva. Senza i compiti, insomma, non impareremmo, saremmo solo passivi.

Non ci dispiacerebbe, però, una migliore distribuzione durante la settimana e nei periodi di chiusura. C’è poi il tema della formazione: è fondamentale aggiornarsi, purché sia lasciato ai docenti anche il tempo per la preparazione delle attività e per la correzione, soprattutto se le classi continuano ad avere anche 30 alunni. È quindi sceso in campo il ministro Bianchi che vuole cambiare la scuola, in particolare la scuola media, che non sarebbe né carne né pesce e sarebbe l’anello debole del sistema scolastico. In effetti, noi alunni ci troviamo in una fascia d’età che è diversa dai bambini delle elementari e dai ragazzi delle superiori ma proprio per questo va tenuta distinta. Il ministro vuole «trovare un modo per superare la rigida divisione disciplinare». Ci piace molto questa idea di collegare tra loro le discipline, magari accorpandole per macro aree in modo da non affrontare materie completamente diverse lo stesso giorno. Se guardiamo al resto dell’Europa scopriamo che in Olanda le materie sono suddivise in lingue straniere e materie innovative mentre in Estonia ci sono corsi facoltativi e corsi obbligatori. Potremmo prendere spunto da questi Paesi perché tali metodi invogliano di più gli studenti, che sentono la libertà, ma anche la responsabilità, delle loro scelte. Si parla tanto anche di Finlandia, dove non esiste la divisione in cicli scolastici (ce n’è uno solo dai 7 ai 16 anni), i ragazzi finlandesi non si trovano mai a cambiare scuola, compagni o istituto (immagina la noia!), i compiti per casa sono pochi e gli insegnanti sono molto più preparati di quelli italiani. Di sicuro ogni Stato europeo ha una sua storia e una sua cultura, senza contare le differenze territoriali, economiche e sociali (PIL, densità), quindi è impossibile stravolgere il sistema scolastico e riformarlo da capo, copiando quello di un altro Stato.

Questo però non ci impedisce di prendere spunto dagli altri per continuare a migliorare la nostra scuola.

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