ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Il coraggio di alzare lo sguardo

Noi con i cuori connessi: l’utilizzo della tecnologia, un’opportunità o una trappola nell’era del bullismo?

La situazione pandemica, la conseguente DAD, ha sfavorito l’apprendimento degli studenti e ha incentivato l’uso della tecnologia. Quest’ultima, se utilizzata nel modo sbagliato può fare «male», molto male.

Il cyber bullismo è un’esercitazione di bullismo in forma digitale che può avvenire in qualsiasi momento. E’ stato inserito il prefisso “cyber” per indicare un evento che avviene sui social, creando falsi account per infastidire e portare, in casi estremi, al suicidio.

Le vittime spesso si trovano disorientate, offese ma non sempre riescono a reagire confidandosi con il mondo adulto poiché frequentemente le vittime sono accompagnate anche da un profondo senso di vergogna.

L’8 febbraio in occasione del Safer Internet Day (Giornata per una rete più sicura) abbiamo partecipato ad un progetto organizzato dalla Polizia al progetto via streaming “#Cuoriconnessi. L’iniziativa serve a far riflettere noi ragazzi sul bullismo online con campagne di sensibilizzazione, attualmente seguite da più di 10 milioni di utenti.

Il progetto si è dovuto adeguare alla pandemia, che ci ha portato ad avere poche persone in presenza e molte online, a differenza degli anni passati. All’evento hanno partecipato alcuni personaggi di rilievo come Jacopo Greco, capo dipartimento delle risorse umane del Miur, Giancarlo Monterastelli (CEO dell’uni euro), Ivano Gabrielli, Dirigente della Polizia di Stato, Patrizia Torretta, psicologa della Polizia Postale ed infine Paolo Crepet, psichiatria che da sempre si occupa di problemi dei giovani adolescenti.

Tra quelle raccontate durante la diretta ci hanno colpito particolarmente due storie.

Quella di Matteo (nome di fantasia) un ragazzo solare, che perderà la sua serenità a causa di un ricatto effettuato da altri ragazzi (che si erano creati un account “fake” su Instagram) e che avevano foto di lui nudo.

Per evitarne la diffusione era costretto a fare delle azioni che lui non avrebbe mai compiuto (esempio: rubare delle sigarette al suo babbo o buttare petardi davanti ai vigili). Questa situazione è durata per circa un anno e Matteo ha ricominciato a vivere grazie all’aiuto di suo padre (Alessandro).

Luca (nome di fantasia) invece è un ragazzo appassionato di danza, sua madre gli ha trasmesso questa passione. E’ stato preso in giro per vari anni per via dello sport che praticava. Ad esempio, quando passava davanti alla classe gli urlavano: “Frocio!” o offese simili. Il problema più grave fu quando si ritrovò le offese, nei social. All’inizio rispondeva ma questo provocò un effetto peggiore! Così iniziò ad ignorarli e a vivere la vita in un modo tranquillo.

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