ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Ser Lapo Mazzei di Prato (PO) - 3B

Un ponte fra le diverse religioni

Sondaggio a scuola per conoscere le varie confessioni: in classe studenti musulmani, buddisti e atei

Il modo migliore per conoscere un altro è andare direttamente a incontrarlo, a parlarci. E se si vuole discutere di un argomento complesso e delicato? Non si rischiano incomprensioni? Sì, ma è un rischio necessario, per ottenere qualcosa di bello. Per esempio, un confronto sulla religione. La scuola Ser Lapo Mazzei di Prato è multietnica e, di conseguenza, multireligiosa. Sono presenti studenti cristiani (di diverse confessioni), musulmani, buddisti, atei. Ignorare questa complessità sarebbe un problema. Per questo, gli studenti della classe 3°B hanno proposto un sondaggio a tutta la scuola, spostandosi di classe in classe, incontrando i compagni, facendo loro domande sull’approccio alla religione, e al tempo stesso, offrendosi di rispondere a eventuali domande e curiosità sulla loro fede. I risultati hanno dimostrato che, se l’approccio è onesto e positivo, si riesce davvero a incontrare e capire meglio l’altro. La domanda iniziale accende subito la discussione: ma perché si dovrebbe parlare di religioni a scuola? «Serve per conoscere meglio gli altri, e per non giudicarli», rispondono in molti. «Parlarne è un primo passo per raggiungere l’uguaglianza». «Senza sapere nulla delle religioni degli altri, non possiamo capire in pieno le loro culture». Sì, ma cosa sappiamo di queste religioni? Per esempio, ci sono dei collegamenti fra esse? In molti rispondono di sì. Qualcuno paragona i libri sacri, o la preghiera, che è presente praticamente in tutte le fedi. Qualcuno cita un video che ha visto, in cui si mostrano i legami anche storici fra Ebraismo, Cristianesimo e Islam. Qualcun altro addirittura afferma: «Le divinità sono tutte simili, sono solo raccontate in modi diversi». Un modo per conoscere le religioni altrui è sperimentare qualcosa di tradizionale. C’è chi racconta la propria esperienza: «Le mie amiche musulmane mi hanno fatto provare il velo, è stato divertente». Dopo aver parlato delle cose belle, ci si sposta su domande un po’ spinose. Esistono discriminazioni religiose? «Purtroppo sì, capita». «Ho visto dei compagni ridere per una ragazza che ha iniziato a indossare il velo». «Alle persone piace giudicare, ma se uno è credente, deve fregarsene, del giudizio degli altri». Le religioni hanno solo lati positivi? Sì, per esempio, l’imposizione: se uno è costretto, dalla famiglia, dalla società o dal potere, a credere, non può essere una fede sincera. Obbligare, togliere la libertà, è sbagliato. La cosa più interessante del sondaggio è stata l’evidente conoscenza delle usanze e delle fedi altrui, anche da parte della vasta fetta di studenti che si è detta atea. Stare insieme, condividere, porta davvero a una conoscenza profonda.

A volte sembra che su certi temi ci possa essere solo silenzio. Per «rispetto», si dice. E allora, meglio non parlare di religione, perché sennò qualcuno si offende. Invece, come ha dimostrato il sondaggio nella scuola, il vero rispetto degli altri lo si raggiunge solo quando si va loro incontro per conoscerli bene. Per cui, è fondamentale parlare di religioni, in maniera libera e onesta. L’inizio del lavoro è stato un brainstorming: tutti hanno sparato un fiume di termini relativi alle religioni, e ce n’erano di ogni tipo, positivo o negativo. Le parole della religione per i ragazzi? Credere, cultura, Dio, rispetto, preghiera. Ma anche discriminazione, violenza, potere. E poi, ancora: storia, arte, libri, comunità. Tutti gli aspetti che compongono la religione. C’è l’aspetto personale, di spiritualità e ricerca. C’è quello della condivisione con altre persone, che, insieme, credono nella stessa cosa e si impegnano per aiutare gli altri. Ma c’è anche l’aspetto tremendo, visto spesso durante lo studio della storia, della violenza: spesso, chi ha il potere, usa le religioni come armi, per dominare le persone. E a volte, la gente decide che chi professa una fede diversa è un nemico. Parlarne in classe, quindi, può aiutare a evitare di cadere in questi errori. Parlarne fa capire l’importanza del rispetto.

Venerdì 24 febbraio, nella piazza del Comune di Prato, si è tenuta una manifestazione in sostegno alle proteste delle donne e del popolo iraniano. Un momento toccante, a cui gli studenti della Ser Lapo Mazzei hanno partecipato. Una parola, in modo particolare, è tornata più volte: libertà. È una delle parole che guidano le proteste in Iran: Donna, vita, libertà. Libertà di essere se stessi, di credere o non credere, di indossare il velo oppure no. Lo dicono per primi alcuni studenti musulmani della scuola: «Quello che fa il regime iraniano non ha niente a che fare con ciò in cui crediamo». Si tratta del potere che usa la fede della gente per fare del male. Ma la fede dovrebbe essere vissuta nella libertà. «L’obbligo non serve a niente. La fede si trasmette con l’esempio personale, e spiegando il perché di un precetto o di una tradizione. Così la persona sarà libera di scegliere di seguirla». E anche nella realtà quotidiana italiana e pratese, il concetto di libertà è fondamentale. «Ognuno è libero di credere e di praticare quello che vuole. Nessuno ha il diritto di giudicare e discriminare. Non si dovrebbe mai deridere chi pratica la sua fede, così come non si dovrebbe mai obbligare qualcuno a credere».

La pagina del Campionato di giornalismo che pubblichiamo qui a fianco è stata realizzata dagli alunni della classe 3°B della scuola Ser Lapo Mazzei del comprensivo Marco Polo di Prato.

Ecco gli studenti che hanno scritto gli articoli: Samin Aziz, Farid Capcha, Romina Chaffa, Mei Chen, Frank Dai, Ekram Arafat, Giulio Finocchiaro, Lorenzo Hu, Oscar Hu, Simone Liu, Emmanuella Lugard, Amal Mouatasim, Desirée Puzone, Pei Xi Wu, Wenle Wu. La pagina è stata prodotta con il supporto delle docenti-tutor Francesca Cappelli e Greta Coppini.

I ragazzi si sono occupati anche della realizzazione della vignetta a corredo dell’articolo di apertura.

La dirigente della scuola è Maria Ramunno.

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