ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado D. Alighieri di Incisa Valdarno (FI) - 2B

Il fascino di Sammezzano e la sua storia

Viaggio nel castello orientaleggiante e nel suo immenso parco abbandonati da trent’anni

Il Castello di Sammezzano è il risultato della trasformazione di un castello già noto nell’VIII secolo le cui prime notizie risalgono al 781, anno in cui sembra vi abbia soggiornato Carlo Magno di ritorno da Roma. È situato in un luogo strategico già ai tempi dei romani, che infatti vi misero a protezione i sarmati, popolazione da cui sembra derivi il nome della località. Il palazzo fu acquistato dalla famiglia Ximenes nel 1600 e 150 anni dopo Ferdinando, ultimo erede maschio della famiglia, lo rese un luogo incantevole, costruendovi un castello e circondando l’abitato con un parco unico nel suo genere. La costruzione fu finanziata, progettata e fatta realizzare da Ferdinando tra il 1853 e il 1889 e per costruirla volle utilizzare materiali e artigiani locali.

Sammezzano è sicuramente il più importante esempio di architettura orientale-eclettica in Italia. Lo stile unico dei suoi ambienti deriva dalla grande passione che il marchese aveva per l’arte e le tradizioni orientali, luoghi che in realtà aveva ammirato solo nei libri senza esservi mai stato. Il castello, che domina uno dei colli nei dintorni del Pratomagno, è molto particolare col suo stile orientaleggiante inserito in un paesaggio collinare tipico della Toscana tra ulivi e viti e racchiuso tra le Balze del Valdarno e Vallombrosa. Al suo interno si alternano sale stilisticamente e visivamente fantastiche con mosaici in ceramica, figure geometriche, ma anche bassorilievi e cupole ad archi intrecciati tipicamente moreschi. Il castello è molto ampio e dispone di circa 65 sale, delle quali solo quelle della parte bassa sono visitabili e in discrete condizioni.

Meraviglia nella meraviglia è lo straordinario parco che circonda il castello, frutto della genialità e dei mille interessi (anche botanici) del marchese: con i suoi circa 200 ettari è uno dei più estesi della Toscana, straordinario esempio di biodiversità. Per realizzarlo Ferdinando lo riempì di piante molto diverse in cui spiccano sicuramente le meravigliose sequoie giganti di cui sopravvivono circa 800 esemplari, fra cui la «sequoia gemella» che con un diametro di 6 metri e 53 metri di altezza è uno dei più alti alberi d’Italia. Il castello ha cambiato più volte proprietario e purtroppo da tempo non è più visitabile. Il palazzo, che negli anni è stato anche set cinematografico tra i più amati dai registi italiani, infatti è chiuso da 30 anni e necessita di interventi di manutenzione urgenti; questo nonostante sia uno dei siti italiani ad aver vinto il concorso del FAI «I luoghi del cuore» e risulti essere uno dei posti più desiderati dagli italiani.

 

Quando è nato? «Nel 1813 a Firenze da Margherita Rosselmini e Leopoldo Panciatichi».

Come è diventato famoso? «Mi ha reso immortale Sammezzano, costruito dal 1853 al 1889».

Come le è venuta l’idea? «Ho letto molti libri sull’arte del Medio Oriente, senza esserci mai stato».

Ci può dire un po’ della sua vita? «Nel 1840 la mia famiglia era la 4ª più ricca di Firenze. Nel 1864 comprai la prima sequoia a 224 lire. Amo l’arte e la letteratura, a partire da Dante Alighieri: ho inserito molte sue citazioni nel mio castello».

Come ha immaginato Sammezzano? «Come un posto unico. Scrissi alcune frasi sulle architravi, tra cui “Pudet dicere sed verum est publicani scorta – latrones et proxenetae italiam capiunt vorantque nec de hoc doleo sed quia mala“ ovvero “Mi vergogno a dirlo, ma è vero, l’Italia è in mano a ladri, meretrici e sensali, ma non di questo mi dolgo,ma del fatto che ce lo siamo meritato“. Una frase attuale».

Come ha creato un parco così? «Mi sono fatto spedire sequoie secolari dall’America del Nord insieme a piante diverse per creare un ecosistema unico».

 

Il parco di sequoie si estende in circa 260 ettari. Le prime furono piantate nel 1851 dal marchese Ferdinando Panciatichi Ximenes D’Aragona intorno alla Ragnaia, un bosco di lecci per la cattura degli uccelli. Oggi alcuni esemplari superano i 35 metri d’altezza. Il marchese introdusse un’ampia varietà di specie arboree scelte nel 1849; al giorno d’oggi ne restano pochissimi esemplari per il clima e la mancata manutenzione. Due prati amplificano la bellezza del palazzo. Clima e incuria hanno causato frequenti frane che hanno cancellato gran parte dell’aspetto originario del parco, senza parlare di incauti interventi con tentativi di cementificazione selvaggia. Recentemente è stato avviato un progetto di restauro per ripristinare la ricchezza botanica originaria. Le strade che portano al castello furono progettate dallo stesso marchese per permettere l’accesso delle carrozze: si sviluppavano all’interno di un bosco ricco di abeti, querce, lecci, cedri ed architetture in stile moresco, con fontane ed una grotta artificiale al cui interno vi era una statua di Venere. Tutti elementi che avevano lo scopo di incuriosire il visitatore ancor prima di arrivare al castello. 

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