ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Italo Calvino di Firenze  (FI) - 2E

Le donne fattore di pace e sicurezza

La loro presenza è determinante per il successo delle trattative, ma sono ancora troppo poco presenti ai negoziati

Di fronte alla grave crisi internazionale in corso, ci sembra opportuno prendere in considerazione un aspetto: il coinvolgimento adeguato, effettivo e paritario delle donne nei processi di creazione e di mantenimento della pace. Risale al 31 ottobre del 2000 la Risoluzione 1325 su “Donne, Pace e Sicurezza”, adottata all’unanimità dal Consiglio di Sicurezza dell’ONU, il primo documento nella storia che esamina esplicitamente l’impatto della guerra sulle donne, sottolineando altresì l’importanza del contributo femminile alla promozione della pace.

Tra i principali obiettivi che la Risoluzione fissa: riconoscere il ruolo attivo delle donne nella prevenzione e risoluzione dei conflitti; prevedere una loro maggiore partecipazione negli interventi di ripristino delle strutture statali e nelle politiche di sicurezza. Rappresenta un fattore innovativo l’inclusione di una componente rimasta marginale rispetto alle forze combattenti e alle sedi decisionali, e portatrice di modalità di approccio basate più che sulle armi o sul potere politico, su pratiche quali l’ascolto, il dialogo, la mediazione.

Le donne appaiono non solo come vittime dei conflitti, ma anche come agenti di cambiamento. Una risorsa essenziale che attende di svelare appieno il suo potenziale. Dalla ricerca dell’International Peace Institute Rei-magining peace making: women’s roles in peace processes, si apprende che la presenza di donne negli interventi risolutivi in aree di conflitto aumenta del 35% la probabilità che gli accordi durino stabilmente. Le intese che vedono tra i firmatari donne, oltre ad essere più durature e resilienti, hanno una maggiore possibilità di contenere misu-re dedicate al rispetto di genere e quindi alla costruzione di una società più equa e giusta.

Eppure le donne rimangono in gran parte escluse: tra il 1992 e il 2019 sono state, in media, il 13% dei negoziatori, il 6% dei mediatori e il 6% dei firmatari nei principali processi di pace di tutto il mondo. I dati sono forniti da UN Women, ente delle Nazioni Unite che si occupa dell’uguaglianza di genere e dell’emancipazione delle donne. Le sedie attorno ai tavoli negoziali del mondo, in un periodo in cui aumentano produzione e vendita di armi – la spesa militare globale ha raggiunto il massimo storico di 2,1 trilioni di dollari nel 2021 – e in crescita costante è il numero dei conflitti, restano tenacemente occupate da uomini. Nell’attuale contesto globale, con minacce nuove ed emergenti sempre più complesse, appare doveroso tradurre l’Agenda WPS dalla politica alla pratica. Le donne e tutte le persone che credono nelle politiche di pace lo auspicano, anzi, ora che il tempo è quello dell’emergenza, lo chiedono con urgenza.

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