Diciamo no allo sport che divide Basta razzismo sui campi da gioco
Tutti nella stessa squadra: chi discrimina gli atleti in base al colore della pelle non ci rappresenta
Lo sport è di tutti: chi discrimina gli atleti in base al colore della pelle non ci rappresenta. Mettersi alla prova con se stessi, dare sempre il meglio, raggiungere sempre nuovi traguardi: questo è lo sport per noi. Nella nostra classe quasi tutti praticano uno sport fin dall’infanzia e perciò conosciamo e condividiamo pienamente i valori che esso ci ha insegnato, soprattutto il rispetto per il prossimo.
Ecco perché siamo profondamente amareggiati e delusi ogni volta che, attraverso lo sport, si verifica una qualche forma di discriminazione. Approfondendo questo tema in classe, abbiamo conosciuto la storia di atleti la cui brillante carriera è diventata simbolo della lotta contro il razzismo e della difesa dei diritti umani. Per esempio Jesse Owens, atleta afroamericano che vinse 4 medaglie d’oro nella corsa e nel salto in lungo alle Olimpiadi di Berlino del 1936, sotto gli occhi di Adolf Hitler che -si dice lasciò lo stadio indignato per non stringere la mano al vincitore.
Nemmeno una volta tornato in America Owens fu accolto con i dovuti riguardi: il Presidente Roosevelt infatti invitò alla Casa Bianca soltanto gli atleti bianchi per conferire loro gli onori della vittoria. Muhammad Alì o Cassius Clay, uno dei più grandi pugili della storia, si oppose pubblicamente alla guerra in Vietnam e al razzismo negli USA, diventando un’icona della difesa dei diritti civili.
E oggi? Purtroppo le discriminazioni razziali sono ancora presenti nel mondo dello sport. Miriam Sylla, capitana della nazionale italiana femminile di volley, nata in Italia da genitori ivoriani, ha subito offese e insulti per il colore della sua pelle, proprio come Paola Egonu.
Nel 2021 la NBA ha dovuto multare Robert Sarver, ex-proprietario dei Phoenix Suns, per insulti razzisti e atti di bullismo verso i suoi dipendenti. Infine, tra i tanti episodi spiacevoli avvenuti sui campi da calcio, emblematica è stata la partita Udinese-Milan del 20 gennaio 2024, in cui il portiere milanista Maignan ha dovuto lasciare il campo per i cori razzisti levatisi contro di lui dai tifosi della squadra avversaria.
Nessuno sport, purtroppo, sembra immune da questa piaga. Esso dovrebbe essere invece una maniera di esprimere liberamente la propria personalità e confrontarsi con il prossimo, considerando le differenze non come un ostacolo, ma come un valore aggiunto alla competizione. L’obiettivo dello sport è infatti unire e includere le persone, coinvolgerle e rispettarle in campo così come nella vita. Solo se terremo a mente questo, lo sport potrà diventare davvero una meravigliosa palestra di umanità.
Questo film è ispirato a una storia vera, a un incredibile esempio di riconciliazione tra due popoli, due anime di uno stesso Stato.
Stiamo parlando del Sudafrica, dove, ancora alla fine del secolo scorso, una maggioranza nera e una minoranza bianca si trovavano a convivere divise dall’odio reciproco. Per anni gli afrikaners – così venivano chiamati i bianchi, discendenti dei colonizzatori europei – hanno privato i loro concittadini neri di ogni diritto politico e civile, sottoponendoli a un regime di segregazione e discrimina-zione razziale chiamato apartheid. Nelson Mandela è stato il simbolo della lotta per il riconoscimento dei loro diritti: subito dopo essere uscito dal carcere, dove era stato rinchiuso per trent’anni come dissidente politico, vinse le elezioni diventando il primo Presidente sudafricano di colore. Ma in occasione della Coppa del Mondo di Rugby del 1995, Mandela, sorprendentemente, diede piena fiducia alla squadra nazionale degli Springboks, composta da soli atleti bianchi e per questo simbolo della vecchia apartheid. Seguendo il suo esempio, migliaia di cittadini neri, prima riluttanti, misero da parte ogni proposito di vendetta e scelsero, come il Presidente stava insegnando loro, la strada del perdono e della riconciliazione al posto di quella dell’odio e del risentimento. Così gli Springboks, sostenuti dal tifo di tutta la nazione sudafricana, vinsero la Coppa del Mondo. Il film Invictus ci ha profondamente emozionato perché ci insegna come, attraverso lo sport, sia possibile creare un vero sentimento di fratellanza tra le due popoli.
A realizzare questa pagina sono stati gli alunni della classe IIA della scuola secondaria di primo grado M. Rosi. In redazione: Baldaccini Lorenzo, Bertacca Emma, Bertolaccini Alessandro, Caponera Orlando, Caprile Lavinia, Cecchi Duccio, Colagrossi Matteo, Corfini Nicholas, De Ranieri Luca, Di Beo Paolinelli Diego, El Shekh Ibrahim Vitali Sara, Gucci Mia Catia, Gullì Gioele, Leonardi Matteo, Marangon Alice, Marracci Matteo, Nencioni Alessio, Nencioni Sara, Palmerini Thomas, Pardini Vittoria, Polvani Giulia, Rondini Elia, Squeo Gianluca, Tempesti Vittorio Luigi, Zurolo Michele.
Docente tutor: Amico Chiara Dirigente Scolastica: Sonia Imperatore