I rischi dell’industria aggressiva È davvero fashion la moda fast?
La moda veloce e non sostenibile è diventata purtroppo rito di tutti i teenager e non solo
Vi siete mai chiesti qual è la storia degli abiti che indossate? Noi ci siamo posti questa domanda e facendo delle ricerche abbiamo scoperto l’esistenza di un fenomeno che si chiama «fast fashion», che tradotto in italiano significa «moda veloce», cioè alcuni brand fanno il bozzetto e dopo soli quindici giorni l’abito è nei negozi.
Questa tipo di moda è ormai diventata una parte importante nella vita di tutti noi, tanto da spingerci a comprare compulsivamente nuovi vestiti a basso costo. Poiché vengono utilizzati materiali di bassa qualità, i costi di produzione sono ridotti e questi indumenti sono accessibili a molte più persone.
L’industria della moda utilizza la strategia della delocalizzazione, che consiste nel trasferire la produzione nei Paesi in cui la manodopera costa meno e per questo anche il prodotto è più conveniente.
In queste nazioni i diritti dei lavoratori spesso non vengono rispettati, infatti lavorano molte ore al giorno in cambio di salari bassissimi e non hanno diritto a giorni di malattia. Lo sfruttamento coinvolge anche i bambini che, con sogni spezzati, devono rinunciare alle loro vite per poter aiutare economicamente la famiglia.
A ciò si aggiunge anche la mancanza di sicurezza sul lavoro che comprende ambienti malsani e decadenti, macchinari non sicuri e so-stanze tossiche che vengono usate senza alcuna protezione e consapevolezza, causando gravi problemi all’ambiente e alla salute di chi le utilizza.
Le multinazionali che producono vestiti non prestano attenzione ai tessuti utilizzati e alle tecniche di produzione, utilizzano pesticidi e sostanze chimiche aggressive, che vengono rilasciate durante il lavaggio degli abiti e addirittura vengono assorbite dal corpo causando irritazioni.
L’industria della moda, dopo quella del petrolio, è la prima causa dell’inquinamento ambientale: i fiumi sono inquinati dalle acque di scarico delle fabbriche tessili che causano gravi danni all’agricoltura e alla pesca, inoltre vengono emesse grandi quantità di CO2 per trasportare gli indumenti confezionati. Quando compriamo un capo di abbigliamento su internet e lo restituiamo, non pensiamo che possa finire nella discarica a cielo aperto del deserto del Cile o in una spiaggia del Ghana; anche quando facciamo una buona azione, mettendo i vestiti nei cassonetti per donarli ai poveri, non pensiamo che vadano a formare quelle enormi montagne di indumenti usati.
Quindi la responsabilità di ciò è soltanto dell’industria della moda o anche di chi acquista?
La sensibilizzazione dell’opinione pubblica è il primo passo per affrontare le conseguenze negative del fast fashion: è necessaria una maggiore informazione su questo argomento, mettendo i consumatori a conoscenza della storia dei loro abiti.
Per provare a risolvere questo problema è importante modificare il modo in cui acquistiamo, senza riempire i nostri armadi con indumenti che probabilmente rischiano di essere dimenticati nel giro di pochi giorni. Riutilizzare i materiali degli abiti usati per creare nuovi capi di abbigliamento; dare nuova vita agli abiti, regalandoli oppure venderli su siti internet dedicati all’usato; usare indumenti vintage, non comprare online ma nei negozi fisici, per diminuire il rischio di fare acquisti sbagliati.
Queste sono alcune delle nostre proposte.
Inoltre è importante sostenere e promuovere i brand che producono in modo sostenibile, rispettando l’ambiente e i lavoratori. La responsabilità non è solo dei marchi che non considerano il peso della loro impronta ecologica o degli Stati che non fanno rispettare le leggi, ma anche di noi consumatori che ci facciamo influenzare dalle politiche di marketing e dalle numerose tendenze proposte ogni anno dagli stilisti del fast fashion.
Infatti una delle nostre priorità dovrebbe essere quella di controllare la qualità degli abiti che compriamo e indossiamo, soprattutto se costano poco. Comprare meno e acquistare capi di buona qualità, questa è la vera soluzione!
La pagina è stata realizzata dagli studenti Bindi Aurora, Ej jaadi Assia, El Azhari Laila, Khia Ilyas, Kola Nicoleta, Lafraitisse Mohamed, Landi Elena, Martini Gaia, Panfi Martina, Pianigiani Jennifer, Shtjefni Kristel, Tiberi Rebecca, Tunc Asmin, Warnakulasuriya Dulash , Zampini Iris, Zeka Alina, Bellucci Emma, Borelli Simone, Buyukozturk Arif, Cherif Sonia, Dafri Sabrin, Ezio Mario, Giannotti Arianna, Grassi Ettore, Iazzetta Carolina, Innocenti Pietro, Isolini Federica, Luca Giorgio, Mastacchini Camilla, Mustata Diego, Pierini Giulia, Raffi Mattia, Rossi Mia, Sukaxhija Aiven, Tonelli Alessandro, Veza Isabel. Docenti tutor Lucia Bargagli, Simona Ronca, Stefania Ulivieri, dirigente scolastica Sandra Raggi.