ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Pontormo di Carmignano (PO) - 2B

Cucire vestiti 18 ore al giorno I risultati della moda low cost

Sono 160 milioni i bambini e gli adolescenti tra i 5 ed i 17 anni coinvolti nel lavoro minorile Come acquistare abiti e accessori he rispettano i diritti umani e la sostenibilità dell'ambiente

Avete mai notato da che Paesi provengono gli abiti e le scarpe che indossiamo? I marchi della moda, soprattutto quella low cost, tendono a delocalizzare la produzione in Paesi come India, Cambogia, Bangladesh o Pakistan, zone molto povere, per abbattere i costi di produzione. In quelle aree avviene uno sfruttamento delle persone il cui obiettivo primario è la sopravvivenza e così lavorano per produrre indumenti a basso costo. Le fabbriche approfittano anche delle Leggi di alcune nazioni meno restrittive sulle condizioni di lavoro.

Per esempio, si stima che alcune aziende facciano lavorare 17-18 ore al giorno gli operai, che hanno un salario mensile equivalente a circa 540 euro. In più, i lavoratori hanno un solo giorno di riposo mensile. Inoltre bisogna ricordare che in queste fabbriche moltissimi dipendenti sono minorenni. Nel mondo la percentuale di bambini lavoratori (10%) è rimasta invariata nell’arco dell’ultimo decennio, mentre in cifre assolute si riscontra un incremento di oltre otto milioni. Lo stesso vale per i bambini costretti a svolgere lavori pericolosi: la percentuale è rimasta più o meno invariata, il numero complessivo è cresciuto di 6,5 milioni. Per esempio,inBangladeshcirca7000 fabbriche non sono soggette a controlli di sicurezza. Nel 2013, ci fu un incendio in una delle fabbriche tessili come quelle sopra citate, Rana Plaza, che causò più di 1100 morti, tra cui molti minori, e più di 2500 feriti.

Con questo sistema, la cosiddetta «fast fashion», i grandi marchi della moda, ma non solo, hanno un gran margine di guadagno nei paesi europei e nordamericani, perché rivendono a prezzi molto più alti, rispetto ai costi di produzione, gli indumenti, in Paesi dove le persone sono benestanti.

Cosa potremmo fare, nel nostro piccolo, per arginare questa situazione? Innanzitutto, potremmo cercare di non seguire sempre la moda, che varia spesso, e così facendo compriamo molti vestiti, in particolare quelli low cost, disponibili in alcuni brand di centri commerciali o sulle bancarelle dei mercati a prezzi irrisori. Poi, abiti e accessori fuori moda li mettiamo in disparte, o addirittura li buttiamo quando potremmo riciclarli e riutilizzarli, o anche donare quelli che non ci stanno più ad amici o persone più bisognose.

Cerchiamo, inoltre, di tenere con cura gli abiti, le scarpe, le borse e acquistare articoli biologici o altri prodotti di qualità. Con calma e attenzione è possibile scegliere marchi che sono già sulla buona strada verso la Carbon Neutrality, cioè l’impegno a contenere le emissioni e rimuovere dall’ambiente la stessa quantità di anidride carbonica che si è prodotta. Alcune aziende internazionali hanno poi fatto sapere di aver regolarizzato o tolto la propria produzione dai Paesi dove vigeva lo sfruttamento ed è buona norma informarsi anche su chi compriamo.

 

L‘economia circolare è un concetto in rapida evoluzione che mira a ridurre lo spreco delle risorse, riutilizzando, riciclando e riparando prodotti anziché eliminarli come rifiuti.

È diventata una priorità globale data l’urgente necessità di affrontare le sfide ambientali.

Questo approccio innovativo si basa su principi chiave: eliminare il concetto di «fine vita» dei prodotti, promuovere la rigenerazione delle risorse e ripensare i processi produttivi. In pratica, comporta un cambiamento fondamentale nella progettazione dei beni, promuovendo l’uso di materiali riciclabili e facendo leva sulla tecnologia per aumentare il loro ciclo di vita. L’economia circolare non riguarda solo l’aspetto ambientale, ma offre anche opportunità economiche significative. Numerose aziende stanno già adottando pratiche circolari. Un esempio è l’industria della moda, tradizionalmente ad alto impatto ambientale. Alcuni brand stanno sviluppando linee di abbigliamento realizzate con materiali riciclati o utilizzando processi di produzione a basso impatto. Tuttavia, l’economia circolare non è priva di sfide.

La necessità di un culturale e di normative adeguate sono fondamentali per il suo successo. È essenziale coinvolgere attivamente i consumatori per promuovere abitudini più sostenibili e incentivare la responsabilità condivisa tra aziende, governo e cittadini.

 

Questa pagina del nostro campionato di giornalismo è stata realizzata dagli alunni della classe 2B della scuola media Pontormo di Carmignano.

Gli studenti-cronisti sono: Chiara Bruni, Viola Capocchi, Anna Cerbai, Noemi Cipriani, Giacomo De Simone, Danilo Franco, Oscar Hu Haitao, Lorenzo Lo Noce, Ewa Lorini, Samuele Malerba, Arianna Mustacchio, Bianca Pratesi, Daniele Sorelli Weili, Stella Sun, Aurora Travaglini, Samuele Trinci, Pietro Vanni, Viola Vignozzi d’Aguì, Jack Xu Jun Hao e Carlo Zhou.

Gli studenti hanno realizzato anche il grafico con i dati raccolti sull’occupazione minorile nel mondo.

Docente-tutor è il professor Pino Fenu.

Dirigente scolastico dell’istituto comprensivo Pontormo è il professor Luca Borgioli.

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