Dislessia a scuola: cosa fare? I compagni fanno la differenza
La classe diventa un luogo di sostegno e di cooperazione a favore degli alunni dislessici
Vi è capitato che un compagno abbia avuto delle difficoltà a svolgere un compito? Gli altri lo hanno preso in giro o hanno cercato di aiutarlo? A scuola è spesso presente l’abitudine di giudicare e sbeffeggiare gli alunni in difficoltà senza conoscere le loro problematiche. Ma se uno studente ha certe difficoltà è necessario capire qual è la causa del problema e cercare di aiutarlo.
Se un alunno fatica a leggere scorrevolmente o a scrivere senza fare errori, se necessita di più tempo a svolgere un compito, magari ciò non dipende dalla sua buona volontà, ma da un disturbo specifico dell’apprendimento. Nelle classi, infatti, è frequente incontrare alunni con una caratteristica chiamata dislessia.
Ma di cosa si tratta? La dislessia è una condizione che impedisce a una persona di decodificare le parole, rendendo l’attività di lettura faticosa e lenta. Per i dislessici è come se le lettere si spostassero e cambiassero forma; perciò, per comporre una parola occorre loro più tempo e più attenzione. Leggere a voce alta può essere un momento di imbarazzo, soprattutto se i compagni ridono di loro o fanno dei commenti. Spesso si sentono stupidi, non all’altezza e possono soffrire di ansia, insicurezza, scarsa autostima. In realtà chi ha questa caratteristica non è assolutamente meno intelligente: basta pensare che Leonardo Da Vinciera dislessico! La nostra classe ha riflettuto sull’argomento attraverso la testimonianza di una ragazza dislessica alla quale abbiamo chiesto di raccontare la propria esperienza.
Ci ha riferito che prima di sapere la causa delle sue difficoltà si sentiva inferiore e la lettura a voce alta la tormentava. Sentiva che i compagni la guardavano con perplessità e i loro commenti la mortificavano. Inoltre, capitava che gli insegnanti la aiutassero un po’ di più e le consentissero di svolgere alcune attività in modo diverso e vedeva che gli altri non capivano il perché. Tutto questo la metteva a disagio e la scuola per lei non era un luogo felice. Dopo la diagnosi, ha spiegato ai compagni il suo disturbo e la situazione è molto cambiata. I compagni hanno messo fine a domande, commenti, sguardi dubbiosi e hanno iniziato a sostenerla con piccoli gesti: aiutandola a leggere parole complesse, segnalandole gli errori di ortografia, indicandole cosa copiare dalla lavagna… Insomma, hanno creato un gruppo collaborativo, facendole capire che non era sola.
Dalla nostra indagine abbiamo capito che la dislessia non è una condanna, ma in una classe consapevole è un’occasione di crescita collettiva.
Nelle scuole italiane la presenza di alunni dislessici è in aumento, ma non tutti ancora sanno in cosa consista questa caratteristica. Per questo motivo abbiamo scritto dieci riflessioni per saperne di più e per non commettere errori (ispirato al decalogo dell’AID).
1 – Non considerare la dislessia come una malattia, ma una caratteristica.
2 – Dalla dislessia non si guarisce, ma ci si convive.
3 – Nella tua classe è possibile che ci sia un dislessico: in Italia i dislessici sono il 5% della popolazione.4 – È più evidente nei bambini perché non hanno ancora sviluppato strategie per compensare certe difficoltà, mentre i dislessici adulti non mostrano il loro disturbo (o solo impercettibilmente).
5- La loro difficoltà più grande non è leggere male, ma sentire i commenti dispregiativi dei compagni: evita di giudicare.
6 – Se un dislessico utilizza delle facilitazioni, non è privilegiato, è un suo diritto.
7 – Il loro successo scolastico dipende dal sostegno e dalla collaborazione offerti dai compagni: aiutail tuo compagno dislessico quando puoi.
8 – Il tuo compagno non sarà un asso nella lettura e nella scrittura, ma avrà sicuramente un talento: incoraggialo a valorizzarlo.
9 – Non pensare che i dislessici siano meno intelligenti perché possiamo fare un lungo elenco di dislessici geniali: Galileo Galilei, Michelangelo Buonarroti, Albert Einstein, Steve Jobs… 10 – I dislessici possono raggiungere qualunque obiettivo, anche diventare scrittori famosi, come è successo ad Agatha Christie.