ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado G. Pontano di Vallo di Nera (PG) - 2A, 3A

Cervelli in fuga, record negativo Ma c’è chi torna per fare ricerca

Dal Regno Unito all’Italia per occuparsi delle donne: intervista alla storica Giada Pizzoni

Oltre un milione di giovani ha lasciato l’Italia negli ultimi dieci anni per vivere all’estero. In classe abbiamo letto i numeri dei principali centri di statistica per misurarli con gli abitanti delle regioni: è come se l’intera popolazione delle Marche fosse sparita in una manciata di mesi. Insomma, un fenomeno di proporzioni impressionanti che ci ha colpito perché riguarda da vicino il nostro futuro. Infatti, molto spesso a partire sono ragazzi poco più grandi di noi, che hanno studiato e si sono formati qui, per poi cercare opportunità di lavoro al di fuori dei confini nazionali (ecco perché sono chiamati “cervelli in fuga”).

Sembra una storia triste, ma ci ha spinto a riflettere sulle migrazioni in generale e a trovare qualche esempio di speranza. A questo proposito, abbiamo incontrato una ricercatrice che ha fatto un percorso in controtendenza. Giada Pizzoni è una storica di successo, ha insegnato in diverse università del Regno Unito, compresa la celebre Saint Andrews, fino alla scelta di tornare. La sua vicenda personale inizia da adolescente, quando era sui banchi di scuola: «Alla vostra età avevo due passioni: la storia e la lingua inglese, così ho provato ad unirle», ci ha rivelato. Spostarsi era inevitabile: prima il progetto Erasmus nei Paesi Bassi, quindi il dottorato di ricerca in Inghilterra, fino al lavoro come docente in Scozia. Ascoltando il suo racconto, abbiamo ripensato alla nostra esperienza didattica in Irlanda. È stata istruttiva e divertente, ma è durata solo una settimana e non sappiamo cosa possa significare trovarsi fuori casa per tanto tempo. «All’inizio può spaventare, ti manca l’affetto dei cari e una rete sociale.

Ma il vantaggio di viaggiare è incontrare altri amici e imparare sempre qualcosa di nuovo». Ci ha detto che ancora esistono stereotipi, luoghi comuni che riguardano gli italiani. «Abbattere i pregiudizi è uno dei compiti della storia: ci aiuta a cercare più fonti, incrocia-re i dati e a ragionare come un investigatore». A settembre inizierà una nuova avventura di ricerca all’Istituto universitario europeo di Firenze, dove si occuperà di “storia di genere”. Cioè una storia capace di riabilitare la prospettiva delle donne, mettendo in luce le discriminazioni subite. Alcune ancora presenti, come quella di reddito che abbiamo rappresentato nel disegno in basso. Non è mai troppo presto per riflettere su questi temi. Così come per trovare il segreto della felicità: «Un consiglio? Seguite i vostri sogni, ovunque si trovino, senza paura», ha concluso con un sorriso.

 

Nascere, lavorare, spostarsi, avere una certa speranza di vita. Cosa hanno in comune queste azioni? Tutte sono oggetto d’indagine della demografia, la scienza che studia la popolazione. Ad esempio, quando sentiamo parlare di “inverno demografico”, si fa riferimento a qualcosa di molto concreto, cioè il calo delle nascite che colpisce il nostro Paese. Al contrario, il “boom demografico” è la forte crescita degli abitanti che si registra in alcune aree del pianeta, come l’India o la Nigeria. È una storia antica: fin dai tempi dell’Impero romano esistevano i censimenti, cioè il conteggio di uomini e beni. Oggi possiamo fare affidamento su tanti indici diversi: dalla natalità alla mortalità, passando per il saldo migratorio. Poi ci sono strumenti per analizzare l’economia, come il PIL (prodotto interno lordo) che misura i soldi di uno Stato. Oppure l’ISU (indice di sviluppo umano) che rileva il benessere dei cittadini. Infine, il coefficiente di Gini viene usato per scoprire le disuguaglianze tra le persone. Quest’ultimo ci dice che il divario tra ricchi e poveri sta crescendo in ogni parte del mondo. E, purtroppo, esistono differenze difficili da superare: una riguarda la distanza, in termini di opportunità e stipendio, tra uomini e donne. Ce ne ha parlato anche Pizzoni e non è un problema solo del passato.

Come poter sistemare le cose? Tocca a noi: fare buon uso dei dati a nostra disposizione, è il primo passo per costruire una società più equa e giusta.

 

Questa pagina è stata realizzata dagli studenti delle classi IIA e IIIA della scuola secondaria di primo grado di Vallo di Nera (Istituto omnicomprensivo “G. Pontano”, Cerreto di Spoleto). Gli studenti cronisti sono: Veronica Benedetti, Emma Di Curzio, Semir La Penna, Enea Memini, Ahnaaf Mohamed, Adriana Pavlik, Anastasia Poli, Franco Rotilio. Il docente tutor, che ha coordinato il lavoro degli alunni è il professore Federico Frigeri.

Dirigente scolastico: Maria Cristina Rosi. In basso, uno scorcio panoramico del nostro paese.  

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