Viaggio nella città del cristallo La storia industriale di Colle
I gestori della «Duccio di Segna» spiegano il presente del prodotto che ha reso famosa la città

Colle di Val d’Elsa è tradizionalmente conosciuta come «Città del Cristallo». Questo materiale ha segnato, in moltissimi modi, la storia di Colle. Per scoprirne il motivo, una delegazione di studenti dell’Istituto Comprensivo 1 «A. Salvetti» ha visitato una delle cristallerie ancora presenti sul territorio, la «Duccio di Segna». Susanna Conti, figlia del creatore della fabbrica, ha spiegato come è nata la sua passione per questo lavoro: . Un amore condiviso anche da Sergio Spano, attuale maestro vetraio della «Duccio di Segna»: «Questa passione è nata quando mi sono iscritto ad un corso per maestri vetrai.
All’inizio non sapevo esattamente a cosa andassi incontro, in Sardegna nessuno pensava di lavorare il vetro a livello artistico. In seguito mi sono incuriosito ed ho deciso di approfondire, fino ad intraprendere questo percorso e farlo diventare la mia vita».
Ma perché il cristallo è così speciale? Lo spiega la signora Conti.
Per di più, il processo di realizzazione è molto complesso. Negli anni, inevitabilmente, il mercato è cambiato, portando numerose cristallerie a chiudere o a convertirsi a produzioni diverse e costringendo quelle sopravvissute ad adattarsi per restare attive: «Quindici anni fa – conclude Susanna – ci siamo accorti di un problema, che dovevamo risolvere per poter continuare a lavorare. Il mondo stava cambiando: la voglia che avevano i nostri nonni di possedere il servizio “buono” di bicchieri, che di solito veniva regalato o acquistato in occasione dei matrimoni, stava scomparendo. Abbiamo quindi dovuto rivedere il nostro lavoro: la produzione di bicchieri e calici è diminuita a causa della concorrenza da parte delle industrie automatizzate, che permettono di vendere i prodotti a prezzi molto più contenuti rispetto ai nostri. La creazione artigianale, di alta qualità, necessita infatti di manodopera maggiore e di tempi più lunghi: per un singolo bicchiere ci servono infatti sei persone e dai sei ai nove minuti. Occorreva una nicchia di persone che fosse disposta a spendere per la qualità, ed era sempre più difficile trovarla. Ci siamo quindi specializzati negli oggetti d’arte, dove è facile individuare la qualità, e dove non c’è la concorrenza delle industrie automatizzate, perché una macchina non può replicare il tocco personale di un maestro. Abbiamo anche deciso di aprirci al commercio internazionale, perché nonostante esistano diversi paesi che lavorano il cristallo, nessuno ha ancora raggiunto i livelli di qualità dell’Italia: con i nostri prodotti partecipiamo a fiere in Russia, Cina e Paesi Arabi, dove il Made in Italy è molto apprezzato».
A Colle la tradizionale lavorazione del cristallo ha una storia antica: già dal 1820 la famiglia alsaziana Mathis costruisce una moderna vetreria, primo “mattone” di un lungo percorso. Già poco più di un decennio dopo l’azienda viene rilevata da Giovan Battista Schmid, che da lavoro a molti colligiani, alimentando la tradizione del vetro. Il cristallo arriverà all’inizio degli anni ’60, e Colle diventerà la regina di questo prodotto, arrivando a controllare addirittura il 95 % della produzione italiana nel 2008, quando la gran parte della produzione di cristallo al piombo è stata riconvertita. Restano, però, alcuni produttori legati alla tradizione. Vasco Conti è uno di questi: dopo aver iniziato a lavorare ad appena 14 anni, come accadeva all’epoca a tanti ragazzi colligiani, divenne maestro vetraio e nel 1984 dette vita alla cristalleria «Duccio di Segna», nella quale lavora ancora oggi. Vasco dimostra di avere la stessa passione di un tempo: «E’ un lavoro molto affascinante perché è creativo: da un blocco di cristallo incandescente si può creare qualsiasi cosa». Lo dimostra chiaramente il «Pozzo di Pinocchio», creato dallo stesso Vasco: «Questo lavoro è la mia vita, mi ha dato grandi soddisfazioni». Vasco ha ancora la stessa passione di un tempo, ma oggi è molto preoccupato per il futuro: «E’ difficile trovare degli apprendisti: anche se gli stipendi sono alti, i ragazzi non hanno voglia o non conoscono questo lavoro. Per mantenere viva la tradizione artigianale si potrebbero inserire attività laboratoriali e uscite didattiche nelle scuole, per far conoscere ai giovani l’identità culturale e imprenditoriale della città».
Scuola secondaria di primo grado «A. Salvetti», ecco i cronisti: Andrea D’Agostaro Matteo Donzella Alice Loggini Alberto Fiorentini Giulia Castiglione Matilde Bocci Chiara Rita Musella Valentina Masi Docenti tutor: Beatrice Bozzi, Daniela Paludi, Fiorenza Tosi, Giulia Guzzardella e i professori Marco Brunelli e Sabatino Peluso Dirigente scolastica: Danila De Angelis