ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Viani di Viareggio (LU) - 3C

Quando Viareggio ha resistito Ottanta anni dalla Liberazione

Gli angoli della nostra città ancora oggi ci parlano di quello che è stato il periodo più buio

«Una persona viene dimenticata solo quando viene dimenticato il suo nome». Circa 100.000 sono le Pietre d’Inciampo ideate dall’artista Gunter Demning, installate in tutta Europa dal 1995 per ricordare le vittime della crudeltà nazi-fascista. Anche a Viareggio dal 26 gennaio scorso possiamo trovarne due: una in piazza Viani ed una in piazza Margherita.

Come tante altre, la nostra città è stata scenario della storia, anche tra le nostre strade si sono consumati atti di violenza e hanno preso forma movimenti di resistenza.

Le prime reazioni contro gli atti di prepotenza che imperversano nel Paese durante il Biennio Rosso scaturiscono proprio a Viareggio dopo l’omicidio di Augusto Morganti, guardalinee nella partita di calcio tra Viareggio e Lucchese disputata il 2 maggio 1920. Solo un anno dopo, nel pomeriggio del 16 maggio 1921 il calafato Pietro Nieri e il marinaio Enrico Paolini, vengono freddati a colpi di arma da fuoco in piazza Grande, che oggi ospita il municipio. L’assassinio avviene a seguito di una sfida tra sovversivi della Darsena e fascisti dell’area balneare che avevano sfidato gli avversari rubando la bandiera dei Maestri d’ascia e Calafati. Siamo negli anni delle violenze fasciste, in quello che viene chiamato Biennio Nero. «Il segreto di Viareggio è un’umana anarchia…» è il motto dei lavoratori, ma con quella sparatoria i fascisti volevano reprimere lo spirito profondo della città, legato alla libertà e alla giustizia sociale. Durante il Ventennio molti sono i gruppi antifascisti clandestini che si formano a Viareggio oltre che nel resto della Versilia. Ma la resistenza si fa strenua quando, dopo la caduta del fascismo, i nazisti occupano la città, il municipio e fanno sgomberare interi quartieri. Viareggio intanto è sotto le bombe. E’ in questo periodo che si collocano le storie di Jeanette Levi e Umberto Boni, viareggini d’adozione, deportati e uccisi nei campi di sterminio, a cui sono dedicate le due pietre d’inciampo.

Jeanette è una ragazza ebrea originaria di Rodi giunta a Viareggio per amore: viene deportata ad Auschwitz nel febbraio del ‘44 e da lì non tornò. Umberto Boni, detto “Cravache” (frusta), a Viareggio svolge l’attività di giornalista e di scrittore satirico.

Non tutti sanno di ricordarlo ogni anno cantando Carnevale in Primavera (1930) durante i corsi mascherati o alle feste rionali: Umberto infatti è l’autore di alcune delle più tradizionali ballate del Carnevale. Catturato e deportato dopo aver risposto in modo tagliente ad un sottufficiale tedesco davanti al Caffé Margherita, i suoi giorni si concludono a Mauthausen. Viareggio viene liberata dal giogo nazista il 16 settembre del ‘44 quando gli Alleati riescono ad entrare dalle periferie. Il 4 ottobre la cittadinanza viene fatta rientrare nella città martoriata. Quest’anno ricorrono quindi gli 80 anni dalla liberazione e nel prepararci a celebrarla intoniamo queste parole a noi care «Oggi dentro la città, corre gente di ogni età». Viva la pace, viva la libertà.

 

Nadia Bossi, la nonna di una nostra compagna di classe, ci ha regalato una testimonianza preziosa. Nata durate la Seconda Guerra Mondiale, i suoi ricordi più vividi riguardano l’arrivo degli Alleati dopo bombardamenti e lo sfollamento di Viareggio.

«Il rumore dei tuoni ancora oggi mi spaventa» dice la signora Nadia che ha vaghi ricordi di quei momenti ma che rammenta quando la mamma la trascinava nel rifugio antiaereo al suono delle sirene o quando la famiglia fu costretta a lasciare la città e a spostarsi a Piano di Mommio.

«Le notizie giungevano attraverso il passaparola, come quella del bombardamento del Cavalcavia e dei lamenti delle persone rimaste ferite sotto le macerie». Una volta liberata la città, Nadia e la sua famiglia sono rientrati con i loro “fagotti” a Viareggio, i militari americani si aggiravano per le strade con le Jeep.

«Gli Alleati erano persone amichevoli, noi eravamo meravigliati perché tanti avevano un colore della pelle diverso dal nostro, che non avevamo mai visto. Erano persone per bene ma alcuni di notte bevevano molto e allora avevamo paura perché i superiori passavano con i manganelli a recuperare con le jeep i compagni ubriachi». Qual è stato il momento più angoscioso in quei giorni di speranza e incertezza? «Mia madre era una giovane donna sola perché il marito si trovava al fronte, i militari talvolta bussavano alle porte delle case chiedendo a gran voce dove fossero le “signorine”. Mia nonna li scacciava gridando per tenerli lontani dalla mamma ma io avevo paura che la portassero via».

E un bel ricordo? «Un soldato che si era affezionato a me e alla mia famiglia mi portò una valigia di legno colma di beni e cibo. Un giorno i militari portarono me e gli altri bambini a prendere un gelato da Sommariva in Passeggiata. Io ero in braccio ad un soldato altissimo e mi sentivo una regina. Eravamo salvi».

La pagina è stata realizzata dagli alunni e della alunne della classe IIIC della scuola media Viani di Viareggio. In redazione Baldini Cristian; Barsella Lorenzo; Bergamini Micol; Bertilotti Matteo; Bertolini Noemi; Boschi Giorgio; Bugliani Camilla; Bugliani Rebecca; Casali Gabriele; D’Aleo Paolo; Del Prete Alice; Gherardi Rebecca; Guidi Viola; Maggi Stefano; Moretti Christopher; Pardi Emma; Pilli Giuliano; Ramacciotti Aurora; Ruggiero Maria Chiara; Santini Samuele; Sesti Giulio; Simonelli Nicole; Speronello Federico; Venturini Gabriele.

Insegnante tutor: Daniela Lucatelli.

Dirigente scolastico: Antonio Debidda.

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