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IPM di Pontremoli (MS) - Redazione

«Scrivere ci rende più umani» L’esperienza di Alessio Biagi

L'intervista realizzata dall'Ipm di Pontremoli allo scrittore per capire meglio la sua passione "Per realizzare un romanzo non faccio schemi, mi lascio trascinare da un'idea che ho in testa"

Il talento, la passione, gli incontri fortunati possono, a volte, trovarsi sulla stessa strada. Intervistare uno scrittore ci fa viaggiare come e dove vogliamo. Alessio Biagi ci apre le porte del suo mondo.

Come sei diventato scrittore? «Preferendo gli antagonisti ai protagonisti, innanzitutto. Ero un bambino timido, secchione, e queste sono le caratteristiche dei miei personaggi, un po’ sfigati. Leggevo tanto e a un certo punto ho pensato che sarebbe stato bello scrivere per dare a qualcuno una storia in cui identificarsi».

Cosa ti serve per iniziare a scrivere un romanzo? «Non faccio schemi, mi lascio trascinare da un’idea. I personaggi escono dalla storia e mi parlano, mi dicono quello che vogliono fare e acquisiscono una loro personalità ben definita. Decidono loro come finirà la storia».

Come è nato il tuo primo libro? «Ho scritto un racconto e l’ho portato a un editore. Mi ha richiamato e voleva cambiare molte parti del testo, in caso contrario non l’avrebbe pubblicato. Fu un mio caro amico a consigliarmi di andare avanti e trovare chi credeva nella potenzialità di quel racconto. Per questo non mi sono arreso e qualche anno dopo ho incontrato il mio odierno editore».

Nei suoi romanzi si parla di amore? Hai mai raccontato una tua storia personale? Sì, l’amore c’è sempre. Ero fidanzato con una ragazza tempo fa e cominciai a scrivere un romanzo in cui lei era protagonista. Poi ci siamo lasciati e io ho continuato la storia, mandandole per posta tutti i capitoli che man mano scrivevo. Ho sofferto, ma è stato terapeutico».

E lei lo sapeva? «Lei non mi ha mai risposto. Poi, una volta pubblicato il romanzo, ricevo un messaggio. Voleva vedermi per un caffè. Durante l’incontro, con mia sorpresa, mi dice che è sempre stata innamorata di me…che narcisista!» C’è anche il carcere nel tuo romanzo “Prenditi tutto quello che ho”. 

Qual è la storia? «Il romanzo racconta di un ragazzo che per amore finisce in carcere. Sono gli anni 70 e lui partecipa ad un attentato terroristico. Una volta scontata la pena, però, farà di nuovo un grosso errore e dovrà scappare. Alla fine, troverà qualcosa per cui redimersi…» Cosa pensi della libertà? «La libertà non è uno stato fisico. Se tu riesci ad essere te stesso sei libero. La vera prigione è essere come gli altri ti vogliono, non accettarti per quello che sei e avere paura di non incontrare riscontro positivo».

E quando si sbaglia? «Si paga, ma il peccato non è ciò che ci definisce. Riflettendo sugli errori si può scegliere di essere altro e ogni ferita va portata come una bandiera: impariamo sempre più da ciò che ci fa male, che da ciò che ci rende felici».

 

Il pugile Rubin Carter è il protagonista di una storia di ingiustizia, che è diventata un film e una canzone bellissimi. Carter è innocente e in prigione viene trattato come un animale, a causa del razzismo. Lui però non vuole vivere in quella cella e usa la scrittura per volare via: «scrivere è magia ed è un’arma più potente di qualsiasi pugno». Carter scrive la sua verità e non si arrende, anche se passerà vent’anni chiuso in carcere. Nel 1974 viene pubblicata la sua autobiografia The Sixteenth Round: From Number 1 Contender to #45472 e la gente inizia a sostenerlo con grande forza. Questo romanzo finisce nelle mani di un ragazzo a Brooklyn, Lesra, e i due iniziano a scriversi delle lettere, diventando amici. Sarà proprio la famiglia di Lesra ad occuparsi del suo caso e ad aiutarlo ad uscire. Il cantante Bob Dylan ha scritto il brano Hurricane come denuncia per la condanna di Carter e grazie ai suoi concerti ha raccolto più di centomila dollari per aiutare gli avvocati. Da qui è partita una vera protesta che ha aiutato a far venir fuori la verità.

Per chi il carcere lo vive, vedere questo film è uno spunto di profonda riflessione. Hurricane ci insegna tantissimo e ci dice che è fondamentale avere coscienza di sé e avere fiducia nell’amore. Questo messaggio arriva forte in IPM, dove sono tanti i momenti in cui si sogna la libertà. Una libertà che parte sempre da dentro e che porta a scegliere la strada in cui le persone che ti amano non ti tolgono niente. La qualità della vita di Carter è rimasta altissima, anche con le manette ai polsi, e così deve essere per ogni detenuto. 

Grande impegno hanno messo le ragazze che hanno intervistato lo scrittore e redatto l’articolo successivo. Ecco la redazione, ovvero le docenti: Giulia Pucci, Valeria Perfetti, Maria Ferrillo e Alice Vivoli, l’educatore Simone Andreozzi. Le ragazze Mara, Gaia, Esmeralda, Anissa, Kristen, Melissa e Cristal.

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