Insieme oltre ogni filo spinato Nel nome dell’umanità
Nel paese di Vivo d’Orcia, due cittadini hanno aiutato una famiglia in fuga
Durante la Seconda Guerra Mondiale, due abitanti di Vivo d’Orcia, un paese alle pendici del Monte Amiata, hanno compiuto un grande atto di solidarietà: ospitare una famiglia ebrea, in fuga dal rastrellamento nazista che stava avvenendo nei primi anni ’40 del Novecento. I rastrellamenti nazisti consistevano in misure di deportazione di cittadini ebrei, a seguito delle leggi razziali emanate nel 1938 e delle disposizioni date dal governo nazi-fascista del periodo.
La famiglia Misul, originaria di Livorno, con il sopravvento delle leggi razziali e con la paura di quello che poteva accadere loro in futuro, fu costretta ad andare in cerca di un posto sicuro. Arrivarono a Vivo d’Orcia, dove trovarono una comunità generosa e in particolare due persone: Gino Banchi e Domenico Vegni. Questi sono riusciti a nascondere la famiglia Misul dalle persecuzioni a seguito dell’avviso emanato dal conte Tommaso Cervini. In seguito, la famiglia Misul ha raggiunto a piedi Montecatini, in Val di Cecina.
Questo atto di solidarietà ha permesso di salvare la vita di una famiglia ebrea, la quale, per riprendere le parole della senatrice Liliana Segre, aveva come «unica colpa quella di essere nata».
Gino Banchi e Domenico Vegni hanno rischiato la vita per fare ciò, e per questo i loro nomi saranno in-cisi e ricordati per sempre nel Muro dei Giusti al Museo dello Yad Vashem a Gerusalemme.
Yad Vashem è un Ente Nazionale per la Memoria della Shoah, istituito per documentare e tramandare la storia del popolo ebraico durante la Shoah, il cui compito è quello di ricordare i «Giusti fra le Nazioni». I Giusti sono non ebrei che aiutarono ebrei negli anni dello sterminio. Il termine «Giusti fra le Nazioni» è per rendere omaggio e commemorare coloro che rischiarono la vita per salvare persone ebree. Nel Memoriale di Gerusalemme, per ogni «Giusto» è stato piantato un albero, ai cui piedi i visitatori lasciano un sasso che simboleggia il ricordo di una persona cara, così come l’albero è il simbolo del rinnovarsi della vita. Proprio per queste ragioni, l’immagine di un albero che continua a crescere nonostante tutto descrive chi ha permesso che la vita di tante persone, destinate a morte certa, continuasse. Sebbene talvolta il riconoscimento di questa onorificenza sia difficile, l’iter per il riconoscimento dei nostri concittadini vivaioli si è concluso. Per noi, questo, rappresenta motivo di grande orgoglio in quanto è stato davvero un grande gesto che, nel suo piccolo, ha cambiato il mondo.
La generosità affonda le sue radici nell’altruismo, nella solidarietà, nel rispetto dell’essere umano in quanto tale. Il termine ’generosità’ deriva dal latino generosus che significa ’chi ha un nobile temperamento e un grande cuore’. Questo sta ad indicare che nella generosità ci sono due aspetti che la rendono unica: il primo più razionale, che si basa sulla ragione; il secondo non razionale, che viene dal cuore, per rendere felici gli altri. La generosità è stato il filo conduttore di ciò che è avvenuto negli anni ’40,quando due abitanti di Vivo d’Orcia, volontariamente e senza chiedere nulla in cambio, mettendo a rischio la propria vita solo per fare del bene, hanno ospitato una famiglia ebrea in fuga dalle persecuzioni naziste. «Generosità significa dare più di quello che puoi», ha scritto Khail Gibran, e in questa frase c’è tutto il senso di quello che stiamo raccontando: la vera generosità è dare agli altri più di quello che si ha con lo scopo di fare unicamente del bene.
Quanti di noi lo farebbero oggi? Infatti, nella nostra società, la generosità è diventata un valore scontato: alcune persone si aspettano che tutto venga dato loro, e che non darebbero mai tutto in cambio di niente. Invece, la generosità dovrebbe essere il filo rosso che ci unisce, in quanto è capace di renderci e rendere gli altri felici e in pace con il mondo. Ed è per questo motivo che uno dei 700 Giusti italiani ci ricorda: «Se aveste visto come me, in questa prigione, quello che gli ebrei hanno sofferto, il vostro unico rimpianto sarebbe stato quello di non aver potuto salvarne di più».
Classe 3 A scuola media Castiglione d’Orcia: Alunni Davide, Armeni Leonardo, Catocci Claudia, Chagour Moomen, Fabbrini Viola, Guasconi Samuele, Jendoubi Christian, Lordi Pietro, Mabrouk Omar, Mazzuoli Nicola, Moretti Livia, Rossi Edoardo, Szczesny Xavier Nicolas, Vomasescu Maddalena Dirigente scolastica: Valeria Giovagnoli Docente tutor: Ilaria Malacaria