ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Santa Maria degli Angeli di Firenze (FI) - 3A

Basta con la violenza di genere Ci siamo veramente evoluti?

Ormai le vittime di violenza sono troppe, risulta necessario soffermarci a pensare

Le donne vittime di violenza rimangono la maggiore notizia di dibattito per una settimana e poi vengono dimenticate. Come se non avessero mai avuto dei figli, una famiglia, una vita in cui poter decidere il proprio futuro senza che qualcuno lo decidesse per loro. Ci sembra incredibile come ci siano volute 120 ragazze in un anno prima di arrivare a Giulia Cecchettin, che ormai è diventata il simbolo della violenza di genere. Il problema, però, è che oltre a Giulia ci sono altrettante donne che meritano di essere raccontate, che meritano giustizia. Come per esempio Yriaki Griva che quando è stata uccisa aveva solamente 28 anni. La ragazza si trovava in un viaggio in Grecia, quando l’ex fidanzato di 39 anni, l’ha bruscamente accoltellata nella notte, nonostante lo avesse denunciato alla polizia del posto per stalking e varie violenze. «Signora, l’auto di pattuglia non è un taxi», è stata la risposta dell’operatrice telefonica alla richiesta di aiuto della ragazza. Yriaki Griva sarebbe ancora viva se le sue denunce fossero state ascoltate, ma purtroppo questo avviene in pochissimi casi. Molte donne hanno paura di denunciare atti di stupro o di violenza psicologica per paura che la polizia non intervenga e che quindi il fidanzato possa non limitarsi a questo. Statistiche dimostrano come dalla violenza psicologica si possa passare in poco tempo al vero e proprio omicidio e quindi la polizia o i commissariati dovrebbero essere informati del pericolo che in questi casi una donna corre. «Quando beveva diventava aggressivo. Io volevo aiutarlo, pensavo di cambiarlo ma è stata una pia illusione. Ho lottato a lungo contro i suoi spettri, ma alla lunga l’amore si è trasformato in odio. L’ho lasciato e qualche giorno dopo me lo sono visto davanti: «Guarda che cosa ti do». Era acido solforico. Queste sono state le parole di Filomena Lamberti dopo essere stata completamente sfregiata con l’acido solforico dal marito. Con la parola femminicidio non vogliamo intendere unicamente l’omicidio in sé, ma tutte quelle violenze che una donna subisce per il suo genere. Purtroppo, una di quelle violenze è proprio sfregiare con l’acido una donna, probabilmente per privarla di tutto ciò che la rende attraente per un unico ideale di possesso. Per noi educazione e rispetto di genere significa tutto ciò che abbiamo scritto. Nella nostra classe siamo maggiormente ragazze e non vorremmo mai un futuro in cui in nostri compagni si trasformino in mostri che non distinguono il bene dal male.

 

Abbiamo studiato molto la violenza di genere, la loro storia è quella che ci ha toccato di più… Gli orfani di femminicidio sono bambini e bambine che per anni hanno assistito alle violenze del padre nei confronti della madre, fino a perdere quest’ultima. Ciò crea conseguenze nel processo di sviluppo a livello emotivo e relazionale, a volte anche a livello cognitivo. L’uccisione della donna è ovviamente un dramma che colpisce molte persone, particolarmente i figli. Nel caso in cui l’omicida sia il padre, i bambini perdono contemporaneamente entrambe le figure genitoriali, la vittima e l’autore del reato, detenuto o suicida. L’omicidio di un genitore da parte di un altro crea un’esperienza traumatica complessa, in cui al dolore della perdita della madre si aggiungono altre difficoltà. Spesso, per esempio, i bambini sviluppano la paura di diventare come il padre che ha ucciso la madre. «Un dolore pazzesco che non passa, il vuoto che ti divora, ti manca la terra sotto ai piedi. Pensi di farcela, ma ti rendi conto che da solo non puoi. Non ho avuto alcun sostegno psicologico al tempo. La cosa assurda è che a mio padre hanno dato uno psicologo già dalla prima settimana di ingresso al carcere, io invece uno psicoterapeuta l’ho potuto avere solo tre anni fa, pagandomelo di  tasca mia» ha testimoniato Giuseppe Delmonte, che ha perso la mamma nel 1997, quando aveva 18 anni. Non possiamo permettere che la morte di una donna si trasformi in una condanna per i suoi figli.
Dobbiamo essere uniti nel combattere il femminicidio e nel proteggere chi ne resta vittima, affinché nessun bambino debba mai piangere la perdita della propria madre per mano dell’uomo che avrebbe dovuto amarla.

 

Ecco i nomi dei protagonisti: Bianca Arnaud, Bianca Bei, Leonardo Belfiore, Clara Caccavelli, Sofia Cristina, Castagnasso Maria, Andrea Cirilli, Lorenzo Colzi, Giovanni Neri Consumi, Filippo Faggi, Olimpia Faldi, Greta Biancamaria Ghetti, Lorenzo Giunti, Anna Bella Hripunova, Aurora Hu, Michelangelo Minucci, Edoardo Morosini, Stevine Akrebiè N’cayo, Vittoria Palermo Patera, Gregorio Paoletti, Viola Parmeggiani, Maria Sole Petronici, Giacomo Picchiarini, Livia Ravani, Adrian Romero Gonzalez, Gabriele Tino; dirigente scolastico: Lucia Rossi; docente Tutor: Giulia Gelli.

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