ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Renato Brogi di Sesto Fiorentino (FI) - 3B

«Dissing» fra generazioni Rapper: buoni oppure cattivi?

Il genere musicale rap come strumento comunicativo intergenerazionale

Il rap è nato negli Stati Uniti negli anni ‘60 nei sobborghi di New York. Questo genere è caratterizzato da una base musicale sincopata e un linguaggio di strada. Il ritmo del rap, come il blues, è espressione della cultura degli afroamericani, di una minoranza sempre vissuta ai margini, che ha trovato nella musica la forma più libera e sincera di espressione e spesso di emancipazione da una condizione di povertà culturale. Il rap è il genere musicale più ascoltato dai giovanissimi, la generazione «Z».

Chi ascolta il rap ama l’orecchiabilità della sua musica e il messaggio che molte canzoni trasmettono.

I testi, che apparentemente sembrano essere solo un mucchio di parole unite a un linguaggio volgare, dunque «privi di significato», ad un ascolto attento, svelano contenuti riguardanti disuguaglianze sociali, ingiustizie e disagio giovanile. Uno degli aspetti positivi di questo tipo di composizione musicale è sicuramente la padronanza dell’uso di figure retoriche, tra cui rime, allitterazioni, assonanze, con le quali questi moderni cantastorie stanno creando un nuovo linguaggio. Il rap mostra, però, dei lati negativi.

Infatti molte canzoni di questo genere, italiane e non solo, si ispirano al rap americano, il quale tramite un linguaggio, anche visivo, tratta argomenti legati alla droga, donne, sesso e soldi, perché questi sembrano essere centrali nella cultura contemporanea. I giovani che ascoltano il rap e la sua declinazione trap, proprio a causa del linguaggio, vengono giudicati superficiali e volgari da parte dei cosiddetti boomer. Il dissing, dove con botta e risposta e con toni offensivi, i rapper si prendono in giro fra di loro, ne è un esempio.

La distanza tra le generazioni si ripresenta, il nuovo linguaggio è poco comprensibile da chi non è più giovanissimo. A questo punto ci chiediamo: ma i rapper e la loro musica e soprattutto i modelli di comportamento che propongono, sono buoni o cattivi? È difficile fornire una risposta: forse sono soltanto specchio della nostra società, specchio di una realtà sempre più cruda. Quindi forse non sono né buoni né cattivi. Alcuni esponenti di questo genere musicale, quali ad esempio Simba la Rue e Baby Gang, ammettono che il messaggio contenuto nei loro testi non è educativo. Ascoltarli con attenzione e con orecchio libero da pregiudizi, potrebbe far capire di più chi sono i giovani di oggi, la cosiddetta generazione «Z» e soprattutto quale testimone i boomer stanno passando in una staffetta che sembra affidata proprio a I rapper.

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