ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Ottone Rosai di Firenze (FI) - 3C

Il lato oscuro della fast fashion Cosa si cela oltre lo specchio

Dallo sfruttamento all’impatto ambientale, il vero costo della moda a basso prezzo

Negli ultimi anni il mondo della moda ha vissuto una trasformazione profonda, che ha portato alla nascita di un modello di consumo chiamato fast fashion. Questo sistema permette di produrre capi alla moda accessibili a tutti, offrendo al consumatore la possibilità di acquistare vestiti nuovi spesso e senza spendere troppo. A prima vista sembra un’opportunità vantaggiosa, ma cosa si nasconde davvero dietro questa apparente convenienza? Le aziende, per cominciare, sfruttano la produzione in Paesi a basso costo, soprattutto in Asia.

Molti dipendenti, nonostante i turni di lavoro massacranti, sono sottopagati e sfruttati, lavorano in condizioni di scarsa sicurezza o maneggiano tessuti spesso tossici e pericolosi. Inoltre, nelle sedi produttive, è molto diffuso lo sfruttamento minorile. Sono milioni i bambini obbligati a rinunciare alla loro infanzia per soddisfare la continua richiesta di prodotti che, spesso, non ci servono davvero. In classe abbiamo visto un documentario sulla produzione di capi d’abbigliamento in Bangladesh. Ci ha colpito profondamente vedere ragazzi della nostra età costretti a lavorare in posti insalubri per molte ore al giorno, senza alcuna protezione e privati dei loro diritti. Tra tutte le storie, quella che ci ha emozionato di più è stata quella di Shanta, una ragazza di 14 anni che ha dovuto rinunciare alla scuola e ai suoi sogni per aiutare la sua famiglia e permettere almeno alla sua sorellina di poter studiare.

Il senso di tristezza è diventato più forte quando la professoressa ci ha chiesto di controllare le etichette dei nostri vestiti. Con stupore ci siamo resi conto che molti di essi erano stati prodotti proprio in Bangladesh! Ma le conseguenze non si fermano qui. L’impatto ambientale della fast fashion è altrettanto devastante. I tessuti utilizzati sono spesso di bassa qualità, non resistono nel tempo e finiscono per generare tonnellate di rifiuti difficili da smaltire. L’acqua e le risorse naturali sprecate sono tantissime. Inoltre, il trasporto delle merci sprigiona nell’aria una quantità enorme di CO2, che contribuisce al riscaldamento globale. Ammettiamolo, tutti noi, almeno una volta, abbiamo ceduto alla tentazione di acquistare abbigliamento a basso costo, senza pensare alle conseguenze. Con questo articolo vogliamo sensibilizzare i consumatori e invitarli a fare acquisti etici e consapevoli, scegliendo marchi che rispettino sia i diritti dei lavoratori che le normative ambientali.

Solo così potremo guardarci allo specchio senza il timore che dietro i nostri abiti si nasconda la sofferenza di qualche persona sfruttata o danni irreversibili al nostro Pianeta.

 

Dopo aver analizzato le ombre della fast fashion, abbiamo deciso di intervistare Andrea Corrado di Filo.sofia e Sara Ricci di Manufacta Gallery, due esempi di moda etica a Firenze. Quali strategie utilizzate in termini di sostenibilità? «Noi di Filo.sofia scegliamo solo 100% Viscosa di Bamboo certificata Oeko-Tex® e lavorata a circuito chiuso per contenere l’impatto ambientale. La lavorazione dei tessuti e la tintura vengono effettuate in Toscana, scegliendo pochi colori per ogni collezione al fine di ridurre gli sprechi».

«Come responsabile di Manufacta Gallery, cerco di acquistare tessuti di rimanenze di magazzino o scampoli. L’abbigliamento viene cucito da tre sarte a Firenze in modo da evitare i trasporti.

Le rimanenze vengono usate per fare borse che cucio io stessa o piccole bustine per confezionare i gioielli».

Cosa pensate della fast fashion? «Il consumatore dovrebbe assumere atteggiamenti responsabili e sostenibili ed essere esigente informandosi sulla tipologia di azienda, sui materiali usati, sulla composizione, sul luogo di  produzione. Nel frattempo, i Governanti dovrebbero legiferare e soprattutto controllare l’avidità umana evitando l’impatto negativo ambientale e sociale» è la risposta di Andrea Corrado. «Penso che sia uno dei fattori di inquinamento su cui ogni individuo possa fare la differenza e quindi lavoro pensando che sia importante far capire, soprattutto ai più giovani, l’importanza di acquistare in modo consapevole, chiedendosi prima se ciò che comprano sia davvero necessario» conclude Sara Ricci.

Ecco i cronisti della classe IIIC della scuola secondaria di primo grado «Ottone Rosai»: Aguilar Angelina, Andrei Margaux, Azzerlini Olimpia, Birsan Artiom, Bonato Sergio, Burbui Giulia, Cantisani Matilde, Ceccherini Sara, Falcini Rebecca, Gammara Adam, Guarneri Giacomo, Izzo Gloria, Lasagni Mattia, Lintas Niccolò, Mariani Daniele, Palomino Anthony, Pellegrini Gabriele, Pisani Diego, Randeni Dineth, Russo Matilde, Salerno Giorgia, Sarteanesi Micol, Senatore Davide, Zanabria Mattia. Docenti tutor: Chiara Rubino e Alessandra Tombesi.

Dirigente scolastico: Rita Trocino.

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