ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado Mantegazza di San Terenzo (Lerici) (SP) - 1ST

La serie televisiva Squid Game Fenomeno, dalla tv al marketing

Diamo uno sguardo ai danni che possono essere causati da un contenuto basato sulla violenza

Tra i giovani si parla spesso di una serie su Netflix che ha ottenuto un successo mediatico incredibile. Si tratta di Squid Game, una serie televisiva sudcoreana, diretta e ideata da Hwang Dong-hyuk diventata un vero e proprio fenomeno culturale. Si è diffusa solo con il passaparola e i social. Si tratta della storia di Seong Gì-hun e di altre 455 persone che rischiano la vita in un gioco di sopravvivenza in cui se sbagli muori. La sfida consiste nel partecipare a 6 competizioni che rappresentano vari livelli. Il suo fascino è legato sia agli scenari colorati che alla facilità dei giochi. La grande diffusione di questa serie televisiva è stata utilizzata per una consistente campagna di marketing in vari settori. Infatti intorno alla serie si sono strette collaborazioni con produttori di giochi e gadget. La app principale del gioco online è stata realizzata da Netflix stesso e distribuita in varie piattaforme, ma ci sono anche altre app ispirate alla serie televisiva. Sono stati realizzati anche giochi da tavolo, la confezione principale comprende carte, pedine e plancia di gioco.

Nella serie ogni giocatore indossa una tuta verde acqua con una maglia numerata, le guardie invece portano una tuta rossa con una maschera nera e i simboli del gioco, infine la bambola iconica della prima serie ha una scamiciata arancione con una maglia gialla. Questi vestiti sono acquistabili sulla rete e utilizzati anche per promozioni nei negozi.

Anche nel settore dell’alimentazione Squid Game ha il suo spazio. In un gioco della serie è previsto un biscotto al caramello, tipico della cucina coreana, i partecipanti devono ritagliarlo senza che si spacchi la forma stampata all’interno.

Quindi si sono diffuse le ricette sia di questo biscotto che di altri cibi coreani menzionati nella serie. I biscotti si possono acquistare, ma anche realizzare a casa con formine che sono in vendita. Dietro il lavoro di marketing però vediamo cosa trasmette questo prodotto culturale sudcoreano. La serie prevede che chi perde in questi giochi viene ucciso. Il messaggio che emerge è quello che se non sei in grado di vincere una sfida tu debba essere ucciso e quindi che si possa picchiare o uccidere qualcuno solo perché perde a un gioco. La visione della serie è solo per chi ha più di 16 anni, ma spesso i ragazzi sono lasciati da soli alla tv. Si capisce quindi che il problema è complesso e non riguarda solo la possibilità di mettere in rete qualsiasi contenuto con effetti negativi, ma anche la troppa poca salvaguardia dei ragazzi nell’accesso alla rete.

 

La serie televisiva Squid Game prende ispirazione dal Gioco del calamaro, molto conosciuto dai bambini della Corea del Sud almeno dagli anni Settanta. La trama della serie è basata sull’invito rivolto a persone povere per partecipare a giochi, senza dire loro che tipo di giochi sono e che rischiano la vita, ma attirandoli con l’idea di ottenere un ricco premio. Il protagonista ha una situazione economica e familiare problematica, quando gli viene proposto il gioco accetta perché ha solo da guadagnarci. Si ritrova con altri 455 partecipanti, persone che hanno debiti e situazioni familiari gravi come la sua. I giocatori indossano la stessa tuta con un numero che è l’unica cosa che li distingue, controllati da guardie armate e mascherate sotto la direzione del Front Man una sorta di controllore che governa il sistema. Dopo il primo gioco si scopre subito che chi perde muore e viene chiesto se si vuole continuare o uscire. Gin-hun, il protagonista, chiede di uscire, ma rientrerà perché nella sua vita non ha niente da perdere. Per superare le sfide alcuni partecipanti fanno squadra, ma siccome alla fine deve rimanere uno solo, finisce che si tradiscono e si uccidono a vicenda. Solo in un caso questo non accade, il protagonista nel duello finale, in cui è rimasto solo con un suo amico d’infanzia, rinuncia ad ucciderlo e lui decide di suicidarsi per risparmiare l’amico. A volere il gioco sono alcune persone molto ricche e annoiate chiamate vip, che pagano per sostenere l’organizzazione.

 

Ecco la redazione dei giovani cronisti che hanno curato questa pagina del campionato di giornalismo, composta dagli alunni della classe 1ST della scuola media inferiore «Mantegazza» di San Terenzo, a Lerici: Battagli Gregorio, Bernal Diaz Maria Francesca, Bernal Diaz Maria Giorgia, Biagi Achille, Dell’Agnello Sofia, Feltin Davide, Mazzola Nancy, Musetti Simone, Mustafai Edwin, Putti Daniele, Silvestri Chanel Raffaella. La professoressa tutor del progetto cronisti in classe è Zanardi Bianca.

Dirigente scolastica la professoressa Capozzo Rossella.

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