Fast Fashion e sostenibilità Urgente cambiare abitudini?
Bassi costi possono anche significare sfruttamento e inquinamento. Meglio pensarci bene
L’espressione fast fashion «moda veloce» nasce alla fine degli anni ’80 ed esplode dal 2000, quando le aziende di moda iniziano a produrre numeri sempre più alti di collezioni. Nata inizialmente per permettere a tutti di vestirsi bene a prezzi abbordabili, la Fast Fashion negli ultimi vent’anni è diventata di fatto la normalità per la maggior parte delle persone: spendere poco e vestirsi bene.
«E allora che ne pensi della Fast Fashion? E’ proprio ganza!» Ne sei proprio sicuro? La realtà è ben diversa. La Fast Fashion spesso significa lo sfruttamento dei lavoratori addizionato a materiali scadenti con i quali si usano tantissimi litri d’acqua: 3900 litri per una maglia, cioè l’equivalente di quello che una persona beve in 5 anni.
Si stima che in un solo anno vengono prodotti 80 miliardi di vestiti e sulla Terra siamo solo 8 miliardi di persone! Una persona compra circa 15 chili l’anno di vestiti; appena il capo di abbigliamento si rompe o non piace più, viene buttato. Il 73% dei rifiuti tessili finisce in discarica o viene incenerito, mentre solo una piccola parte viene realmente riciclata e così riutilizzata.
L’industria della moda è tra le più inquinanti al Mondo: tra sprechi, emissioni e sfruttamento del lavo-ro, il settore della moda è responsabile del 10% delle emissioni globali di CO2, più di tutti i voli internazionali e il trasporto marittimo messi insieme. Lo sfruttamento della manodopera nelle fabbriche di vestiti investe nei Paesi in via di sviluppo, in cui il lavoratore viene pagato 2 euro l’ora, riducendo al minimo i suoi diritti. Cosa possiamo fare? Comprare meno e meglio. Pensare prima di comprare e investire in capi di qualità che durino nel tempo. Usare dei siti che vendono indumenti più sostenibili.
Sempre più marchi adottano pratiche etiche: scegliere quelle. Non buttare, ma riparare o utilizzare il second-hand: ci sono ottime App per la vendita di vestiti di seconda mano. Chiedersi se ti serve davvero, dove e da chi è stato realizzato. Parlare di questi temi e sensibilizzare chi ci sta intorno può fare la differenza. La Fast Fashion ci offre comodità e prezzi bassi, ma a un costo ambientale e sociale insostenibile.
Se vogliamo un futuro più verde e più giusto, è fondamentale cambiare le nostre abitudini di acquisto. Stiamo distruggendo il Mondo! La domanda è: siamo pronti a fare la nostra parte?
Nell’ultimo report di Greenpeace si mette in luce il legame tra fast fashion e inquinamento.
Quello dello smaltimento dei rifiuti tessili è un enorme problema aggravato dall’avvento della moda veloce. Nel deserto di Atacama in Cile e ad Accra, in Ghana, continuano ad accumularsi montagne di capi invenduti e usati, provenienti soprattutto da Stati Uniti ed Europa. Per eliminarli, vengono quasi sempre bruciati, con notevoli emissioni di sostanze inquinanti. Gli abiti arrivano in Cile al porto di Iquique, dove lavorano più di 50 importatori di abiti di seconda mano. I vestiti vengono selezionati per poter essere rivenduti in altri Paesi, ma una quantità corrispondente a circa 40mila tonnellate all’anno, finisce nelle discariche a cielo aperto. Inquinamento su inquinamento. Inoltre Greenpeace ha rivelato livelli preoccupanti di sostanze inquinanti e cancerogene all’interno degli abiti che indossiamo: nel90% dei capi analizzati hanno trovato fibre sintetiche contenenti microplastiche, che stanno trasformando le coste in vere e proprie «spiagge di plastica». L’impatto ambientale a livello globale del settore è così esteso che la Banca Mondiale ha stimato che entro il 2050 il totale dei rifiuti prodotti ammonterà a 3-4 miliardi di tonnellate all’anno, contro i 2,01 miliardi del 2016. Noi possiamo fare qualcosa, partendo da acquisti consapevoli.
Ecco tutti i nomi dei membri della redazione della IV elementare della scuola San Lorenzo Le Rose di Impruneta: Miriam Bausi, Federico Ciurletti, Lorenzo Fibucchi, Stella Guidotti, Leonardo Massimo, Oliver Papi, Cosimo Raveggi, Christian Rossi. Docente tutor: Francesca Nenci.
Dirigente scolastica: professoressa Clara Birello.