L’inverno demografico in Italia Un futuro incerto per i giovani
Lavoro, salario e qualità della vita migliori spingono i ragazzi a trasferirsi all’estero
L’Italia sta vivendo una delle crisi demografiche più gravi della sua storia. Un calo drastico delle nascite, un invecchiamento sempre più accentuato della popolazione e una crescente emigrazione giovanile stanno tracciando un futuro incerto per il Paese. «L’inverno demografico» segna pesantemente il presente e il futuro della nostra società. Secondo i dati dell’Istat, nel 2024 il tasso di fecondità ha toccato il record negativo di 1,18 figli per donna. A questo si aggiunge un altro fenomeno preoccupante: l’emigrazione giovanile. I giovani italiani, di fronte alla difficoltà di trovare un lavoro stabile e ben retribuito, si trasferiscono all’estero in cerca di migliori opportunità.
Secondo una recente indagine della Fondazione Nord Est le molle principali sono la ricerca di un lavoro migliore (26,2%), una qualità della vita superiore (23,2%), un salario più alto (11,4%). L’Italia, purtroppo, risulta il Paese europeo meno accogliente per i giovani, insieme al Portogallo. Il lavoro c’è, ma le opportunità professionali per i giovani sono limitate.
I dati Istat ed Eurostat sono emblematici: la retribuzione media degli under 35 nel settore privato è scesa a 15.616 euro lordi all’anno, ben al di sotto della media nazionale di 22.839 euro. Preoccupante il dato dei contratti precari: il 40,9% dei giovani ha un contrat-to a tempo determinato o stagionale, e nel 2023 ben il 79,8% dei nuovi contratti per i giovani under 30 sono stati precari. Il lavoro nero contribuisce ad aggravare ulteriormente la condizione economica dei giovani: chi lavora con contratti a termine guadagna mediamente 9.038 euro lordi all’anno, mentre chi ha contratti stagionali arriva a 6.433 euro. Con retribuzioni così basse e con un sistema bancario che difficilmente concede prestiti o mutui, diventa quasi impossibile per i giovani accedere a un futuro stabile e autonomo. Un altro fattore che spinge i giovani a lasciare l’Italia è la mancanza di prospettive di carriera. La possibilità di accedere a lavori qualificati e innovativi è maggiore all’estero, come sottolineano gli stessi espatriati. L’86,5% di loro ha scelto di emigrare per una maggiore prospettiva di crescita professionale, mentre l’88,2% cerca di lavorare in settori innovativi che in Italia sono poco sviluppati o incentivati.
Come abbiamo già evidenziato nel nostro articolo precedente, se nel 2024 l’assottigliamento della popolazione italiana è stato piuttosto contenuto, è stato grazie al saldo migratorio che ha compensato in parte il calo demografico e il saldo naturale negativo.
Si legge da molte parti che la scuola italiana è la causa principale della fuga dei giovani, perché non prepara ad affrontare un mercato del lavoro sempre più competitivo. Sarà così, ma la nostra esperienza al Cpia ci sembra estranea a questa descrizione; qui non abbiamo trovato programmi rigidi, calati indistintamente sugli studenti e sempre uguali a se stessi. C’è piuttosto il confronto con la realtà locale e globale, l’attenzione alle esigenze di ogni singolo studente, l’orientamento costante rispetto alle prospettive lavorative e agli aspetti formativi per poter affrontare al meglio tutti i passaggi, la creazione di occasioni per conoscere il territorio e gli aspetti culturali che lo qualificano. Questa scuola è al nostro fianco, pronta a sostenere i nostri progetti, accompagnarci nel percorso, aiutarci di fronte alle difficoltà. In una scuola dove la prevalenza di stranieri è schiacciante, con provenienze da una trentina di Paesi, con culture e tradizioni diverse, il confronto è sempre di casa, dalla gastronomia alla religione, dal clima alla politica, dalla storia alla musica o al mondo del lavoro.
Il tutto all’insegna del reciproco rispetto. Ci viene un dubbio: visti i toni tutt’altro che rispettosi che spesso animano i confronti politici e le stesse relazioni internazionali, sarà forse questo il limite della nostra scuola? Certo è che in politica i giovani non sono proprio di casa: la percentuale di elettori giovani è scesa dal 30,4% al 21,9%, e la rappresentanza giovanile in Parlamento è passata da 133 a soli 27 seggi.
La classe del CPIA «A. Manzi», sede di Sarzana, è composta da studenti provenienti da tre tipologie di percorso: 1° periodo (ex-licenza media); 2° periodo (biennio generalista) in vista del triennio delle scuole superiori; classe multilivello di Italiano L2, per migliorare la conoscenza della lingua italiana. Eccolo la redazione che ha lavorato a questa pagina: M. Natalia L., Alidou D., M. Emilia N., Famory D., Fatima O., Joseph E., Mustapha K., Giusy B., Emma V., Djiguiba D., Anthony J., Ebrima T., Yatma N., Lamin J., Idrissa S., Rajaa C., Mohamed S., Soufiane A., Raouia S., Zureiky Jazmin P., Jeferson S., Jonas T., Wonte Pacome T., Simone B., Chinelo A., Vanessa M., Marta K., Consuelo P., Fatiha A., Toumany B. e molti altri.
Docenti tutor: Letizia Pappalardo e Pierluigi Iviscori. Dirigente scolastico: Andrea Minghi.