Storia della Resistenza senz’armi I tenaci volontari della libertà
Il filo del forte “no“ al nazi-fascismo genera la trama dei giusti. Valori consacrati in Costituzione
Perugia, via Trattati di Roma: un’alta garitta commemora “uno dei capitoli più bui ma poco noti della nostra Storia, che ha riguardato molte famiglie italiane durante la seconda guerra mondiale”, come ci ha spiegato in una conferenza a scuola il dottor Marco Terzetti, presidente della sezione umbra dell’Anei (Associazione nazionale ex internati nei lager nazisti).
Dopo l’armistizio con gli Anglo Americani, annunciato l’8 settembre 1943, i tedeschi chiedono a 800.000 militari italiani sparsi per l’Europa di continuare a combattere dalla loro parte: 630.000 dicono “no” alla collaborazione, un no tanto più significativo se si considera che si tratta di giovani formati nell’epoca del fascismo, che concepisce la guerra come manifestazione di vitalità.
Disarmati, deportati, sottoposti ad atroci sofferenze, il 20 settembre 1943 Hitler li definisce “Imi“, Internati militari italiani che, al contrario dei comuni prigionieri, non sono protetti dalla Convenzione di Ginevra e non hanno diritto all’assistenza da parte della Croce Rossa Internazionale. Così, senza alcuna tutela, gli IMI sono costretti al lavoro, al freddo, alla violenza, alla fame, in confronto alla quale quella che ci capita di provare talvolta è solo un “leggerissimo appetito”, come il dott. Terzetti racconta che gli diceva suo padre Bruno, ex Internato. Il 40% degli IMI si ammala di tubercolosi, eppure nessun cedimento al ricatto dei nazisti: il no degli Internati si fa sempre più consapevole, con una determinazione che li conduce ad un duro e lungo destino. La notizia non arriva in Italia per la censura della propaganda fascista, che esalta invece la cosiddetta “civilizzazione” del 20 luglio 1944, un accordo fra Hitler e Mussolini per cui gli IMI passano allo status di lavoratori civili. Un grande cambiamento, ma solo agli occhi di chi è esterno a questa cruda realtà. Per oscurare la verità vengono approvati alcuni “diritti”, tra cui un salario fisso di 120 mar-chi al mese per 72 ore lavorative settimanali.
Sono più di 50.000 le vittime fra gli Imi e anche coloro che riescono a sopravvivere non sono più gli stessi. Un enorme sacrificio, dunque, per garantire il futuro che viviamo noi oggi, una scelta di cui dobbiamo custodire la Memoria, di recente anche formalizzata in una giornata celebrativa, per non dimenticare che il deciso no degli IMI alla guerra e alla violenza ha portato all’affermazione dei principi fondamentali della nostra Costituzione: il rispetto della persona, la pace, la democrazia!
Abbiamo avuto la fortuna di ricevere le testimonianze dei familiari di due compaesani, ormai scomparsi, internati nei lager nazisti ed entrambi insigniti della Medaglia d’Onore. Giovanni Fabbri, chiamato alle armi nel 1938, è vicino al congedo quando scoppia la guerra. Viene trattenuto militare e preferisce essere deportato in Germania piuttosto che collaborare con i tedeschi. Liberato il 21 luglio 1945 dagli Americani, torna a casa cambiato a livello fisico e psicologi-co. Decide di non parlare più del periodo vissuto e chiude i ricordi del triste capitolo del fiore dei suoi anni nel cassetto di un comodino, inaccessibile anche ai suoi più stretti familiari. Il silenzio di Giovanni è la massima espressione dell’ineffabilità delle sofferenze subite dagli Internati, un silenzio eloquente, che noi vogliamo rispettare ed onorare. Allo stesso modo un confidente silenzioso, un diario amico che ci ricorda quello di Anna Frank, viene scelto da Giuseppe Lanterna, che il 9 settembre1943 scrive “Iniziano le giornate tristi”. Fame, freddo, lavoro pesante, nostalgia, paura: queste le parole che risuonano con forza nelle pagine, trascritte dallo studente universitario passignanese Filippo Trenna. Ma sullo sfondo di tutta questa tristezza “c’è la speranza che aiuta, quella di ritornare presto”. La speranza di Giuseppe alla fine diventa realtà e, per noi, una grande eredità, quella di chi, anche se gli “hanno tolto tutto quello che aveva”, ha resistito per un unico pensiero: la Libertà.
I cronisti della 3B scuola secondaria di primo grado – Istituto Comprensivo “D. Birago” di Passignano: Ballabani Arlind, Ballerini Azzurra, Bergonzini Sofia, Bertini Sofia, Biancalana Gabriele, Carnevali Camilla, Durici Aron, Haji Mohamed Fedi, Lanterna Elena, Luchini Cristian, Maddaluno Lorenzo, Magalotti Sofia, Ouhammou Aya, Papavero Mattia, Pellegrini Leonardo, Righi Mattia, Ruffo Mattia, Simonetti Emanuele, Taabani Zahara, Trenna Giovanni.
Docente tutor professoressa Paola Bellaveglia; dirigente scolastico professor Luca Severi.