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CPIA A. Manzi di Sarzana (SP) - Redazione

Emigrati, immigrati o migranti? Sarebbe meglio parlare di expat

In Italia c’è chi entra e c’è chi esce. Ma tutti sono alla ricerca di un futuro migliore

Quando si parla del Cpia, scuola per adulti, emerge che la maggior parte degli studenti è straniera, «migrante», termine che, nella percezione comune, è associato a persone incolte e disperate, destinate a lavori umili. Pur essendo vero che molti affrontano difficoltà, la realtà è più complessa: gli studenti provengono da contesti diversi e i loro obiettivi si trasformano attraverso l’esperienza scolastica.

La classe si arricchisce quotidianamente di profili differenti, tutti con speranze di integrazione e miglioramento delle loro condizioni.

Quando si discute di emigrazione, si ricorda che l’Italia è stata un Paese di emigranti per oltre un secolo, mentre ora è meta di immigrazione. Tuttavia, secondo il rapporto della Fondazione Migrantes, oltre 6 milioni di italiani vivono all’estero. Ma non li chiamiamo migranti o emigrati: sono ’expat’, persone che vanno all’estero in cerca di migliori opportunità lavorative e una qualità di vita superiore.

Tra i motivi per cui gli italiani espatriano c’è una maggiore retribuzione, un carico di lavoro meno oneroso, più possibilità di dedicarsi a se stessi, alla famiglia, agli hobby, con un’organizzazione del lavoro che lascia spazio a una costante formazione… Simone, 43 anni, ha alle spalle 12 anni in Svezia, un anno e mezzo in Perù, alcuni mesi in Australia, un rientro in Italia, ma una speranza di potersi spostare di nuovo all’estero, per tutti i motivi elencati. Infatti, la realtà italiana presenta difficoltà trasversali, per gli italiani come per gli immigrati; come osserva Kobena, un muratore ghanese, «lo stipendio spesso basta a malapena a sopravvivere».

Anche i profughi ucraini, in Italia da tre anni, divisi tra la speranza di tornare a casa e l’incertezza del futuro, vivono difficoltà simili. Marta, una di loro, racconta delle sfide quotidiane e delle opinioni contrastanti che devono affrontare. Nonostante ciò, è grata per l’accoglienza ma il suo sogno resta tornare in Ucraina e riprendere la sua vita. Negli ultimi anni, un numero crescente di argentini è arrivato in Italia per ottenere la cittadinanza ‘ius sanguinis’, essendo discendenti di emigrati italiani. «Nel nostro Paese l’incertezza economica è pesante: inflazione, svalutazione, licenziamenti rendono dura la vita in Argentina – dice Natalia, quivon il marito, oriundo italiano – e in più è un paese violento, con il triplo di femminicidi rispetto all’Italia». Chi entra, chi esce, tutti in cerca di un futuro migliore.

QR Code per il link dell’intervista completa a Alessandro Mordacci

 

Da quanto vivi in Svezia? «Da 26 anni».

Cosa ti ha spinto a questa scelta? «Un licenziamento nel 1998 e un’offerta di lavoro da qui. Era il momento giusto, la Scandinavia mi ha sempre affascinato».

Ci sono stati momenti difficili? «La distanza dalla famiglia, specialmente quando ci sono genitori anziani».

Hai mai pensato a un possibile rientro in Italia? «No, ci piace la Svezia e ci trattiene anche la burocrazia italiana e la questione pensionistica». Segui le vicende italiane? «Sì, attraverso la famiglia e i media.

L’Italia gode di una fama altamente positiva in Svezia».

E quelle svedesi? La sparatoria nella scuola per adulti… «È stato uno dei giorni più bui nella storia svedese. La scuola dove è avvenuto l’attacco mi ricorda molto quella dove studiavo lo svedese. Non credo alla xenofobia, ma piuttosto a un problema di salute mentale, aggravato dalla facilità di accesso alle armi».

Come convivono gli immigrati e la popolazione locale? «La maggior parte degli immigrati è ben integrata. I problemi di discriminazione esistono, ma sono situazioni individuali».

L’immigrazione in Svezia? «Gli immigrati sono il 20% della popolazione. Per i cittadini UE, l’accesso è più facile, ma non è sempre semplice trovare un lavoro senza parlare svedese».

Un consiglio ai giovani? «Non temete i rimorsi. Abbiate fiducia in voi stessi, ma anche l’umiltà di chiedere aiuto. La rete di contatti è fondamentale».

 

La redazione in classe del Cpia «A. Manzi», sede di Sarzana, è composta da studenti provenienti da tre tipologie di percorso: 1° periodo (ex-licenza media); 2° periodo (biennio generalista) in vista del triennio delle scuole superiori; classe multilivello di Italiano L2, per migliorare la conoscenza della lingua italiana. Ecco la redazione: Soukaina R., M. Natalia L., M. Belen L., M. Emilia N., Famory D., Fatima O., Chaymae E., Mustapha K., Shahadot Hosen S., Giusy B., Emma V., Djiguiba D., Anthony J., Ebrima T., Yatma N., Lamin J., Idrissa S., Mamadou C., Maria B., Halima E., Mohamed S., Soufiane A., Raouia S., Zureiky Jazmin P., Jeferson S., Jonas T., Wonte Pacome T., Simone B., Chinelo A., Vanessa M., Marta K., Consuelo P., Merieme B., Fatiha A., Madou C., Toumany B. e molti altri.

Tutor: Letizia Pappalardo e Pierluigi Iviscori; dirigente scolastico: Andrea Minghi.

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