Quando le parole feriscono Il catcalling è davvero innocuo?
Era solo un complimento, cosa avrò fatto di male? Spesso la violenza di genere parte da qui...
Cammini per strada, stai andando al lavoro, a scuola o a prendere un caffè. È una bella giornata, ti senti bene. Poi, all’improvviso, un fischio. Qualcuno ti chiama “bella”, qualcun altro commenta il tuo corpo. Forse ridono tra loro, forse insistono se non rispondi. Ti senti osservata, giudicata. E quella bella giornata non sembra più così bella. Colpa del catcalling è un fenomeno diffuso, che ha radici profonde in Italia, nonostante il suo nome inglese. E’ un neologismo coniato nel 2021, letteralmente si traduce in “gatto che chiama“. Consiste in un’espressione verbale o gestuale di apprezzamento rivolto in modo esplicito, volgare e talvolta minaccioso ad un soggetto sconosciuto, spesso di sesso femminile, in luoghi pubblici. Solitamente questo comportamento viene minimizzato, ma un complimento è gentile e rispettoso, il catcalling, invece, è un’invasione; è un’attenzione non richiesta che trasforma una semplice passeggiata in un momento di disagio.
Dopo aver intervistato la psicologa Raffaella Cipriani, che lavora per un centro anti-violenza, abbiamo compreso più a fondo alcuni aspetti del fenomeno. Il motivo per cui il catcalling è considerato più grave oggi rispetto al lontano passato, è che spesso da questo comportamento derivano violenze peggiori: stalking, stupro, fino al femminicidio. Praticando il catcalling si inizia a pensare che le donne siano oggetti da guardare o da commentare, piuttosto che persone con pensieri, emozioni e diritti. Nella vittima di catcalling può nascere ansia, depressione, con conseguenti problemi di autostima, oltre che timori rispetto a luoghi che si percorrono quotidianamente e, di conseguenza, una variazione nello stile di vita. Come reagire a un atto di catcalling ? Il modo migliore è ignorare chi ha rivolto questi commenti e continuare a camminare, per poi parlarne con una persona fidata. Inoltre è consigliato, in certi luoghi, muoversi in gruppo e non da soli. In Italia non è ancora considerato un reato, tuttavia pensiamo che una legge non basterà.
Per sconfiggere la violenza c’è bisogno che fin da ragazzi ci educhiamo al rispetto dell’altro e al sapersi confrontare senza esprimere alcuna violenza o atteggiamenti discriminatori, avendo il controllo delle proprie emozioni. Per cambiare davvero le cose, dobbiamo iniziare da noi stessi, non accettare il catcalling e insegnare agli altri che non è una cosa da ridere.
Fare apprezzamenti è una cosa bella, sana. Saperli fare con rispetto, però, è un dovere da parte di tutti.
In Italia il catcalling, forse sottovalutandone la gravità, non è considerato un reato, a differenza di altri paesi europei. Per capirne il motivo abbiamo intervistato l’avvocata Camilla Carpagnano. «Il catcalling – spiega la legale – si può ricondurre al “reato di molestie” quando i comportamenti diventano insistenti, invadenti e continui, come recita l’Articolo 660 del c.p. : “Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo, è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a euro 516”. Ciò che differenzia il catcalling dal reato di molestie è il bene giuridico protetto dalla norma, che nel caso del reato di molestie, è rappresentato dalla tutela dell’ordine pubblico e non della dignità della persona. Il catcalling può configurare il reato di stalking quando le molestie rappresentano una vera e propria persecuzione nei confronti di un singolo soggetto. Esso è punito con la reclusione da uno a sei anni ed è considerato grave perché compromette la serenità e la sicurezza psicologica della vittima, limitandone la libertà personale e la possibilità di condurre una vita normale. Nell’ambito della tutela delle donne, dal 2009 ad oggi si sono fatti numerosi passi avanti: sono state pubblicate leggi contro lo stalking, i comportamenti persecutori verso una donna, la violenza domestica e il femminicidio».
Scuola media “Da Vinci” Comprensivo Perugia 1 classe 3 A: Alunni Elena, Barilari Matilda, Barlozzi Mattia, Bohm Michele, Bufali Letizia, Casinini Beniamino, Catanzaro Letizia, Donati Alberto, Fori Pietro, Francescangeli Samuele, Franchi Edoardo, Jetishi Kevin, Lerasle Stella, Lucarelli Michela, Magi Riccardo, Mugnai Artemisia, Nanni Stefano, Nicolelli Fulgenzi Ginevra, Orecchini Emile, Piacenti Maria, Quadrano Rachele, Riccardi Nicolò, Roila Samuele, Rossi Clelia, Rossini Viola, Savoiardo Emanuele, Silvestri Diana, Uddin Jonayed. Docente tutor: Marina Trastulla.
Dirigente scolastica: Francesca Volpi.