ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Istituto Ancelle del Sacro Cuore di Colle Val d'Elsa (SI) - 4°

Insegnare è donarsi al prossimo Un storia di solidarietà a Colle

Il racconto dei volontari della Caritas di Colle Alta che hanno aperto un doposcuola

È proprio dai piccoli gesti che si cambia il mondo. È principalmente questo quello che abbiamo capito intervistando alcuni dei volontari della Caritas dell’Unità Pastorale delle Parrocchie di Colle Alta, che hanno deciso di aprire un doposcuola per i bambini che in classe hanno più difficoltà e che hanno bisogno di un aiuto in più con la lingua italiana. I volontari sono gentilmente venuti nella nostra classe e noi muniti di taccuino, penna e macchinetta fotografica come dei veri reporter abbiamo deciso di intervistarli, con delle domande che avevamo già preparato. I volontari che abbiamo intervistato sono Giulia Guzzardella, giovane insegnante della scuola secondaria di primo grado, Franco Biagini e Marco Giampieri. Insieme a loro, però, ci sono altri volontari Elisabetta Pavolini, anche lei insegnante, Nadia Arcangeli e Silvia Ciacci. Il dopo scuola è aperto tutti i venerdì dalle ore 17.30 alle ore 19.30 presso l’oratorio San Filippo in Via Gracco del Secco a Colle di Val d’Elsa.

Com’è nata l’idea di ‘farsi prossimo’ per gli altri ed aprire un dopo scuola? «Abbiamo deciso di impegnarci in questo servizio perché volevamo trasmettere le nostre esperienze di vita ai più deboli e l’abbiamo messo in pratica con le donne e i bambini ucraini accolti in San Francesco a causa della guerra alcuni mesi fa e poi abbiamo deciso di continuare con questa bella esperienza».

Come viene svolto generalmente il dopo scuola? «Aiutiamo i bambini una volta a settimana nei locali parrocchiali.

In particolar modo Giulia pensa ai bambini della primaria e della secondaria, perché è una professoressa. Cerchiamo di aiutarli nei compiti e soprattutto ad imparare l’italiano».

Come vi sentite mentre insegnate a questi bambini? «Quando siamo a scuola, il rapporto fra insegnanti e ragazzi è sicuramente più distante; alla Caritas, invece, ci sentiamo più vicini a loro».

Come vi sentite quando tornate a casa? «Bene!!! È una grande soddisfazione e ci divertiamo. Non è solo un gesto di carità, ma un modo per stare insieme».

Ricevete un compenso economico? «No, l’unico compenso è la soddisfazione per ciò che facciamo. Cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo, un piccolo gesto per aiutare il prossimo».

Qual è l’insegnamento più importante che potete trasmettere a questi bambini? «La socializzazione, il rispetto, l’inserimento e l’accoglienza. Per quello che possibile cerchiamo di metterci a servizio e seguendo la nostra fede vogliamo aiutarli. Inoltre, cerchiamo di trasmettergli un buon metodo di studio».

 

Come ci hanno spiegato i volontari venuti nella nostra classe la Caritas delle Parrocchie di Colle Alta è nata nella nostra città circa 65 anni fa da un gesto caritatevole di un uomo di nome Lazzaro, che trovando un bambino ferito per strada decise di soccorrerlo. Oggi assistono circa quaranta famiglie in difficoltà, tra cittadini italiani e non. Abbiamo chiesto a Franco, Giulia e Marco qual è il lavoro che svolgono quando non sono volontari della Caritas, per cercare di capire perché si sono messi a disposizione per questo compito. Giulia è un’insegnante e da sempre voleva aiutare gli altri seguendo il modello di Maria Montessori e di Don Lorenzo Milani. Franco Biagini è invece diplomato maestro e poi ha fatto il ferroviere ed ora come Marco Giampieri è in pensione. Ci hanno raccontato che tutti e tre hanno sempre voluto assistere il prossimo perché sono cristiani e perché pensano che sostenendo il prossimo si possa cambiare il mondo. Loro hanno sempre fatto i volontari nella Caritas, poi quando sono arrivati molti ucraini hanno capito che era necessario aiutarli insegnandogli la lingua italiana. Quello è stato il primo momento in cui i volontari della Caritas hanno capito che oltre a dargli una mano per trovare un posto dove stare e del cibo era importante anche trovare qualcuno con cui parlare e sentirsi accolti. Imparando la lingua si può fare amicizia con gli altri. È con questo gesto totalmente gratuito che le cose possono cambiare. Soprattutto se viene fatto, come ha detto una delle insegnanti volontari, «senza aspettarsi niente in cambio, ma solo per volersi donare al prossimo».

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