«Memorie di un bibbienese» Faccia a faccia con la guerra
L’intervista a un testimone: il secondo conflitto mondiale visto con gli occhi dei bambini
Il 21 marzo 2024 abbiamo intervistato il signor Daniele Senzi, a testimonianza delle vicissitudini dei Bibbienesi durante la Seconda Guerra Mondiale. Il signor Senzi era piccolino ma tanti ricordi sono rimasti impressi nella sua mente, in modo frammentario, ma indelebile. I genitori cercavano di dare a Daniele e ai suoi fratelli tanto amore e facevano grossi sacrifici per attenuare gli effetti di quei tragici eventi.
«Era il freddo inverno fra il 1942 e il 1943 e con la mia mamma – racconta Senzi – andammo a Poppi a far visita ad una signora vestita di nero con un fazzoletto sulla testa, legato sotto il mento. Dimostrava molto più dell’età che aveva e in mano teneva un rosario, lo sguardo era assente e lontano: suo figlio Antonio era caduto in Russia.
Settembre 1943: una mattina stavo giocando nei pressi della mia abitazione e un ufficiale tedesco mi stava guardando. Ad un certo punto chiese ai miei genitori se potesse invitarci a casa sua. Andammo la domenica seguente. L’ufficiale estrasse da una cartella una foto e ce la mostrò: era il ritratto di suo figlio… praticamente identico a me! Di quel militare ricordo il suo sorriso triste tutte le volte che mi guardava».
Primavera 1944, Daniele Senzi continua il racconto: «I bombardamenti in Casentino erano sempre più frequenti, tutti i bibbienesi correvano in preda al panico verso il ’Fondaccio’ nei pressi delle vecchie carceri. Nel Santuario di Santa Maria del Sasso venne allestito l’ospedale e lì vidi i primi morti della mia vita. Non ebbi paura perché scappai via subito».
Poi si sofferma su un episodio specifico: «La famiglia di ebrei; c’era una famiglia di ebrei, madre, padre e una bambina di 12 anni che abitavano a Firenze e avevano un negozio di stoffe, ma venivano spesso a Bibbiena. Un giorno fuggirono cercando libertà e salvezza. Solo dopo molto tempo si seppe che, impressionati dalle notizie sulle deportazioni, i genitori avevano ucciso la bambina poi si erano tolti la vita». Senzi rievoca il dramma di una Bibbiena minata dai nazisti: «Le truppe tedesche distruggevano quello che si era salvato dai bombardamenti alleati. Vennero prese di mira in modo particolare le industrie come il ’Tannino’».
I ricordi si appuntano poi su «Giuseppe il polacco: dopo la partenza dei tedeschi, rimase un contingente di polacchi. Uno di questi abitava nel mio condominio: Giuseppe, era buono e divenne mio amico.
Un giorno chiese il permesso di farsi una foto con me. Poi sul finire di quell’inverno, Giuseppe partì per il fronte: lo vidi scendere le scale e scomparire per sempre, senza voltarsi. 25 aprile 1945: le campane di San Lorenzo suonarono a distesa…era finita la guerra!!!».
Leggendo il libro di P. Baccalario e A. Barberini «La finestra del re di polvere» (edito da Orecchio acerbo), il messaggio arriva chiaro sulla condizione dei bambini durante le guerre. I protagonisti sono bambini polacchi a Lublino. Henio Zytomirski, ebreo, era il più strano di tutti, non parlava molto, non amava giocare a pallone e neanche leggere. Un giorno Henio condusse il suo migliore amico, che non era ebreo, a vedere un posto segreto: una soffitta considerata da Henio un luogo sacro, piena di polvere e tanti oggetti accatastati. C’erano due finestre alle pareti opposte: da una si vedevano i tetti di Lublino e dall’altra un ghetto (dove abitavano i bambini) senza speranza di pace! Henio fece giurare all’amico di non dire nulla a nessuno. Per gli ebrei arrivò il momento di fuggire, perciò una notte andò a svegliare il suo amico dicendogli che sarebbero dovuti scappare subito, ma lio rispose di no. Henio mise una mano sulla sua spalla, lo guardò negli occhi e senza dire una parola, se ne andò. I due non si rincontreranno mai ma Henio lasciò scritto il suo nome sulla polvere, nel vetro della finestra a far sperare e credere che fosse riuscito a salvarsi. Le relazioni interpersonali dei bambini in periodo di guerra superano i limiti della semplice amicizia. La paura, la fame, la tristezza, la noia e il senso di abbandono, noi non possiamo capirlo, ma facciamo tesoro delle esperienze altrui. I mostri per loro non vivono solo nell’immaginario, ma sono una tangibile realtà.
Studenti Vittoria Alberti, Gabriele Amorosi, Denisa Belciu, Leonardo Berti, Ludovica Burresi, Beatrice Bonini, Mirko Cacchiani, Valentina Ceccolini, Cora Ciabatti, Emma Cordovani, Gabriele Fabbri, Gaia Fabbri, Fabio Ghelli, Francesco Gori, Kadri Nejazi, Elena Magliocca, Alessio Natale, Damiano Orlandi, Angelo Palumbo, Arjanit Ramaj, Luckian Grant Sa Onoy, Kaynat Saleem, Diego Tassini, Alessandro Vestrucci Insegnanti Claudia Alberti, Tatiana Bendoni Preside Alessandra Mucci