Fenomeno hikikomori in crescita In Giappone un milione e mezzo
In Italia oltre 50mila. Importante conoscere il fenomeno per cogliere i primi segnali e intervenire
Sempre più spesso ci ritroviamo a passare molte ore soli davanti ad uno schermo: ciò accade soprattutto a noi giovani, ma anche agli adulti.
Esiste però un’ esperienza che si spinge oltre, fatta propria da persone riconosciute con il nome di Hikikomori.
Il termine ’hikikomori’ significa letteralmente ’stare in disparte’ e venne utilizzato per la prima volta dallo psichiatra ’Tamaki Saitō’ quando già all’inizio degli anni Ottanta si rese conto del numero sempre maggiore di giovani, che in Giappone, interrompevano relazioni sociali e si ritiravano nella propria stanza.
Gli Hikikomori sono appunto delle persone di un’età tra i 14 e i 30 anni che tendono, per loro scelta, a distaccarsi dalla vita sociale, chiudendosi nella propria stanza, ma soprattutto in se stessi, per un periodo di tempo prolungato di almeno sei mesi.
Nel 90% dei casi il soggetto è maschio e preferisce giocare ai videogiochi, mentre se è femmina preferirà dormire, leggere o guardare la tv.
Nonostante sia un disturbo eterogeneo, risulta più diffuso nei figli unici di una famiglia di estrazione medio-alta, nella quale solitamente uno dei due genitori è assente, più comunemente il padre.
La loro riluttanza ad uscire di casa può essere dovuta a diverse ragioni tra cui: la frequenza di una scuola problematica, l’aver subito bullismo, oppure l’aver fallito un test di ingresso, e così via. Può cominciare per il semplice caso.
Sappiamo che gli Hikikomori sono nati in Giappone e la maggior parte di loro si trova lì, ma pochi sanno che ce ne sono molti anche in Italia. Sono esplosi soprattutto in seguito alla pandemia.
Nel nostro paese hanno una fascia d’età parecchio inferiore a quella giapponese, compresa tra i 15 e i 19 anni, maggiormente concentrati nelle grandi città come Roma, Milano e Torino.
Esiste anche un’associazione in Italia chiamata «Hikikomori Italia Genitori», che è aperta a tutti i genitori di ragazzi con problemi di isolamento sociale. In Giappone e Corea Del Sud, il governo riconosce loro un supporto economico di 650 mila Won al mese (cioè circa 450 €), per chi rientra nella fascia tra i 9 e i 24 anni.
Sarà una cosa buona? Insomma la pratica degli Hikikomori si diffonde sempre di più ed è pericolosa per la nostra salute.
Bisogna stare attenti a non caderci e cercare di aiutare chi già vi è rimasto coinvolto. Cosa possiamo fare? È sempre utile cogliere i primi segnali di disagio legati all’ isolamento, non sottovalutare le richieste di aiuto e promuovere momenti di ascolto e dialogo, incoraggiare le occasioni di relazione, soprattutto con i pari.
Yusuke è giapponese. Ha 32 anni e da un decennio è chiuso in casa.
All’università ha subito atti di bullismo da parte di studenti e professori, questo lo ha portato ad isolarsi. Fa molta fatica ad esprimersi, ma dice che il volume della tv per lui è molto importante per non sentirsi solo e passare le giornate a guardare il soffitto. Anche Alice Tanaka è giapponese. Durante l’adolescenza ha avuto una prima fase da hikikomori, ma ha trovato il coraggio di andare all’università; si era trovata un fidanzato e anche un lavoro. Improvvisamente, però… ecco che arriva la ricaduta: ha perso la volontà di lottare e si è lasciata di nuovo alle spalle la vita sociale.
Anche dei ragazzi italiani, che hanno voluto rimanere anonimi, parlano della loro esperienza di isolamento che, per fortuna, hanno superato. C’è chi passava le giornate al telefono, chi fumava per ammazzare il tempo, chi non dormiva per giocare alla playstation, chi alternava la tv ad un libro: avevano passatempi diversi, ma tutti mangiavano una sola volta al giorno, saltavano i pasti o facevano un piccolo snack prima di prendere i medicinali. Il ’fumatore’ usciva quando le sigarette finivano, ma ogni volta che metteva un piede fuori dalla porta il battito accelerava, l’ansia lo assaliva ed il sudore gli imperlava la fronte. Camminava velocemente fino alla tabaccheria e poi tornava subito in casa.
Una ragazza, invece, dice che quando rimaneva sola a casa si spostava sul divano lasciando temporaneamente il letto, ma come sentiva l’auto dei suoi genitori che rientravano, sfrecciava in camera perché voleva evitare il confronto e il dialogo con chiunque.
Classe 2C – IC Virgilio Acquaviva: Federico Barbi, Mattia Coviello, Sofia Coviello, Edoardo Andrei Diaconu, Youssef El Fatihy, Mattia Ferrara, Mattia Forsoni, Caterina Greco, Vincenzo Mangiavacchi, Lucrezia Neri, Angelica Papini, Matteo Perugini, Anita Pieri, Vittoria Quadrino, Lapo Remilli, Giacomo Rosati, Matilde Rubegni, Sofia Rubegni, Athos Livio Zappalorti.
Docente tutor: Rosella Bianconi Dirigente Scolastico: Chiara Cirillo