ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Scuola Secondaria di I grado A. Frank di Pistoia (PT) - 2G

Uno sguardo al mondo videogame Quando uno svago diventa lavoro

L’esperto risponde: ecco svelati alcuni segreti della tecnologia alla base dei videogiochi «Per creare? Possono servire anni, con un openworld: un mondo esplorabile senza confini»

I videogames sono uno dei nostri svaghi preferiti e spesso ci chiediamo quanto lavoro ci sia dietro. Abbiamo quindi intervistato un game designer, che per motivi legati alla privacy aziendale ha voluto rimanere anonimo, ma che ha risposto ad alcune curiositĂ . Un game designer si occupa di costruire le ambientazioni dei giochi. Il nostro esperto, in particolare, crea gli scenari dei games di moto.

Ti sono sempre piaciuti i videogiochi? «Sì: giocavo con i gameboy e con la play».

A che età hai iniziato a svolgere questo lavoro? Hai mai fatto altre professioni prima? «Ho iniziato a svolgere questo lavoro a 25 anni, dopo aver studiato in accademia a Firenze. Questo è stato il mio primo impiego».

Quanto tempo ci hai messo a diventare autonomo nella creazione delle ambientazioni? Come si creano? «Il percorso per diventare autonomo è durato circa tre mesi, poi sono riuscito a creare circuiti da solo. Dopo aver scelto l’ambientazione, si prende una pellicola, poi si sceglie il tracciato per far correre la moto e si aggiungono le bozze di disegno. Appena il tracciato è finito, passiamo il lavoro agli artisti, che rimodellano il tutto rendendo le bozze un lavoro finito».

Nella tua professione, hai mai preso spunto da altri giochi? «Sì, a volte mi è capitato: prendere spunto da lavori migliori non è mai sbagliato».

Sei rimasto soddisfatto dei giochi cui hai collaborato? «Sì, molto».

Hai mai creato un gioco? Quali programmi servono? «Ho creato alcuni giochi ed è stato divertente. Da quando sono in azienda ho lavorato a qualche gioco, ma anche in accademia ne ho fatti di più piccoli. Parlando di programmi, ne esistono tanti: alcuni vengono creati dalle stesse aziende».

Quanto tempo ci vuole per crearne un gioco? «Il tempo può variare: ad esempio quelli sportivi devono uscire ogni anno, mentre si possono impiegare anni per creare giochi con un openworld (un mondo esplorabile senza confini)». Come si creano le animazioni? «Si deve partire da uno scheletro, come un robot che può avere delle giunture da muovere e poi, spostandole, si ricrea l’azione. Esiste anche il motion capture: si usano attori ai quali si mettono delle tute con sensori».

Qual è il tuo genere preferito? «Mi piacciono tantissimi giochi, come gli sportivi e gli sparatutto. Apprezzo anche quelli dove si sommano alle abilità base dei personaggi dei power up».

Che ne pensi dei videogiochi dove ci si muove? «Secondo me sono sottovalutati perché, oltre a permettere il movimento del giocatore, consentono anche di giocare in famiglia».

 

Per approfondire l’argomento dei videogiochi, abbiamo riflettuto sui pro e i contro, basandoci sulla nostra esperienza e facendo alcune ricerche sul canale Rsi Edu. Abbiamo individuato così vari elementi positivi: possibilità di imparare nuove cose, divertirsi con gli amici, superare problemi, raggiungere obbiettivi e rispettare le regole, tenere attivo il cervello, allentare lo stress. I videogames danno modo anche di sviluppare il multitasking, la capacità di svolgere più compiti in contemporanea, o l’abilità visuo-spaziale, riconoscere gli oggetti nello spazio in modo veloce. La coordinazione tra vista e mani, poi, permette di staccare lo sguardo dal joystick mentre giochi o dalla tastiera mentre scrivi. Infine la creatività consente di risolvere problemi nel minor tempo possibile. Passare troppe ore ai videogames, però, può portare ad arrabbiarsi facilmente o problemi di vista, ai muscoli e difficoltà di concentrazione. Inoltre si rischia di sviluppare alcuni sintomi del gaming disorder, la dipendenza da videogiochi: sbalzi d’umore anche al di fuori del gioco, dimenticare attività fondamentali come mangiare, dormire e lavarsi, isolamento sociale (trascurare amici e famiglia), inadeguatezza, cioè sentirsi a disagio lontani dalla console, obbligo di continuare il gioco, che diventa un dovere. In conclusione, giocare con moderazione può portare molti vantaggi, ma occorre fare attenzione e non esitare a chiedere aiuto quando notiamo, in noi o nei nostri amici, i sintomi della dipendenza.

La pagina è stata realizzata dagli studenti della Scuola secondaria di primo grado «Anna Frank». Classe 2°G, la redazione: Lorenzo Bartolucci, Mario Bershimi, Debora Biagini, Pietro Carobbi, Giulia Maria Cirillo, Ardit Coraj, Timberli Cuni, Roberto Cristian Del Lama, Alessia Gargini, Roen Gjura, Michele Govi, Amina Hannachi, Youssef Harouiya, Sofia Innocenti, Anass Kasmi, Gabriele Leka, Christian Manzo, Lorenzo Pugi, Emma Saba, Melissa Suta, Samuele Suta, Nicole Veggia. Docenti tutor: Eloisa Pierucci, Maria Chiara Gesualdo.

Dirigente scolastico: Margherita De Dominicis.

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