Il gruppo dei pari: un porto sicuro?
Socialità e regole di convivenza, ingredienti di benessere quotidiano per i ragazzi
Vi siete mai chiesti che cosa rende noi ragazzi veramente felici? Un panino al kebab, la PlayStation, “spippolare” al cellulare, ascoltare un brano di Sfera Ebbasta, prendere un bel voto a matematica o magari a grammatica. In molti risponderebbero così, ma noi abbiamo un’opinione diversa: tutte queste esperienze, se vissute nella propria individualità, determinano un benessere effimero. I momenti più lieti e memorabili sono quelli condivisi con i nostri amici.
Per noi ragazzi avere delle relazioni positive con i nostri coetanei è vitale. Ne abbiamo sperimentato la mancanza durante il periodo pandemico. L’obbligo di vederci solo al di là di uno schermo ci ha indotto a chiuderci in noi stessi ed ha causato, in molti, un profondo senso di solitudine e demoralizzazione. Ritrovarsi faccia a faccia, soprattutto con persone con cui ci sentiamo affini, influenza in positivo il nostro umore. Il gruppo dei pari però non sempre è un porto sicuro. «Quando mi trovo in un gruppo talvolta penso di essere inutile e inadatta, come se fossi una macchia d’inchiostro su un foglio bianco». Questo è ciò che ha detto una nostra compagna durante un sondaggio svolto in classe, dal quale sono emerse molte difficoltà nella socializzazione, per il timore di non essere accettati e rimanere dunque esclusi dagli altri componenti del gruppo. Ma come esiste il lato più oscuro e deprimente della società, esistono anche astri splendenti e calorosi: sono le persone empatiche.
L’empatia è la capacità di comprendere i sentimenti degli altri riconoscendoli come fossero propri. Essere empatici significa calarsi nei panni dell’altro in situazioni piacevoli e non.
Per rendere il gruppo dei coetanei un ambiente in cui sentirsi a proprio agio, senza conflitti, è necessario seguire anche delle regole di convivenza. Le nostre proposte: ascoltare gli altri e comunicare apertamente le proprie esperienze e sentimenti; evitare commenti offensivi o ridicolizzare le opinioni altrui; essere disponibili e aiutare chi ci sta accanto nei momenti di difficoltà; imparare a conoscere realmente le persone davanti a noi senza alcun pregiudizio. Ricordiamo, infatti, che tutti abbiamo dei diritti personali, ma anche dei doveri verso la comunità nel pieno rispetto delle proprie peculiarità, come si afferma nell’all’articolo 3 della nostra Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche o di condizioni personali e sociali”.
“L’uomo è un animale sociale”.
Già nel IV secolo a.C Aristotele parla della tendenza dell’uomo alla socialità. Tuttavia, siamo circondati dall’indifferenza di persone vili che sfuggono alle proprie responsabilità verso la collettività per perseguire il loro quieto vivere. Dante Alighieri, nel canto III dell’Inferno li definisce “Ignavi”, ovvero “Coloro che visser sanza ‘nfamia e sanza lodo”. Compiere delle scelte ri-chiede coraggio. Il Sommo Poeta fiorentino, accusato di baratteria, pagò con l’esilio la scelta di coerenza ai suoi ideali politici. Anche noi ragazzi dobbiamo operare delle decisioni concrete per il benessere della collettività: la conoscenza prima della pratica.
Impegniamoci a conoscere la città in cui viviamo, come Dante ci ricorda nel XXVI canto dell’Inferno: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza”.
Pertanto, con il Comune di Scandicci, la nostra classe partecipa ad un progetto di educazione alla cittadinanza attiva: impariamo come funzionano gli organi della pubblica amministrazione e, in qualità di Consiglio dei Ragazzi, presenteremo delle mozioni alla presenza del sindaco, assessori, presidentessa del Consiglio e dirigenti comunali, per diventare motori del cambiamento.
Versione Integrale dell’intervista:
Quando nasce la sua passione per Dante?
“Durante il liceo la letteratura dantesca mi ha emozionato e all’Università di Firenze ho voluto seguire il corso di filologia dantesca, sentendo che quella era la mia via.”
Quali insegnamenti utili possiamo trarre dalla Divina Commedia?
“Possiamo trarre tantissimi insegnamenti dal valore eterno, come la solidarietà verso gli esseri umani, il rispetto della natura e le regole di convivenza pacifica in società.”
Seguendo gli insegnamenti di Dante, come possiamo evitare di comportarci da Ignavi in un gruppo?
“Il nostro atteggiamento deve essere diametralmente opposto agli Ignavi, gli indifferenti d’oggi. Non scegliere tra bene e male è comunque assecondare in modo vile chi fa il male. Dobbiamo operare delle precise scelte, mettendo in gioco il nostro senso di responsabilità individuale e collettivo.”
Il Sommo Poeta sarebbe contento di vederci partecipare al nostro progetto di cittadinanza attiva?
“Sarebbe contentissimo, perché ha partecipato attivamente alla vita politica del Comune di Firenze fino all’esilio. Contribuendo al bene comune, dovremmo lasciare il mondo migliore di come l’abbiamo trovato.”
Qual è la sua cantica preferita?
Considerate che la Divina Commedia è un’opera unitaria. Dante vuole riprendere il concetto di un Dio uno e trino come lo è il suo poema, ma secondo me il Paradiso è la cantica della maturità artistica con cui il poeta raggiunge i vertici massimi della poesia.
Perché per Dante è importante il valore della conoscenza?
All’interno del suo poema Dante compie un percorso di sapienza, vuol far conoscere tutti gli aspetti e le regole di funzionamento dell’universo. Possiamo paragonarci a Dio non come quantità, ma come qualità della conoscenza. In questo dono naturale dell’intelletto, che ci spinge alla conoscenza dell’universo, noi troviamo la felicità.
Se potesse intervistare Dante quale domanda gli porrebbe?
Dato che non possediamo nulla scritto direttamente da Dante, gli chiederei in certi punti, in cui non siamo sicuri, qual è la lezione giusta del testo della Commedia che aveva scritto lui. Poi dove ha trovato il coraggio di trasformare l’odio e l’invidia, che hanno comportato ingiustamente il suo esilio da Firenze, in questo grande atto d’amore, scrivendo un poema per rimuovere noi viventi dallo stato di miseria in cui abbiamo ridotto il nostro modo di vivere per condurci alla felicità, a cui si arriva con uno sforzo dell’intera comunità.
Tra i libri che ha scritto qual è quello che gli è piaciuto di più?
Tra i cinquanta libri che ho scritto quello a cui sono più affezionato è stato il tentativo che ho fatto di ricostruire la vita di Dante, la sua esistenza e il suo percorso umano e come poeta.
Perché Dante è sempre rappresentato con un vestito rosso e con una corana d’alloro?
Nelle raffigurazioni non vedrete mai Dante a capo scoperto. Nella sua epoca indossava una lunga tunica, il rosso veniva considerato un colore onorevole. L’idea della corona di alloro è totalmente sbagliata perché Dante paradossalmente non è mai stato incoronato poeta, gli è stata messa nelle raffigurazioni per onorarlo.
Perché Dante sceglie di essere accompagnato da tre personaggi specifici nella Commedia?
La prima guida per l’Inferno e il Purgatorio è Virgilio perché secondo Dante, oltre ad essere stato il più grande poeta dell’antichità latina, è anche il rappresentante dell’Impero romano in cui il mondo riunificato ha vissuto in pace. Come seconda guida sceglie il personaggio di Beatrice perché è un modello di bellezza e virtù femminile che ci serve come scala e come specchio per risalire verso Dio. La terza guida, San Bernardo da Chiaravalle, viene scelto perché è stato un grande adoratore della Madonna e quindi è un ottimo intermediario per pregare la Vergine, che permette a Dante di vedere direttamente Dio.
Perché tutte le cantiche finiscono con la parola “stelle”?
Le stelle sono state il nostro punto di partenza e saranno il nostro punto di ritorno a Dio. Dante ha la convinzione che Dio abbia creato le anime nelle stelle e che ad esse ritorneremo. Quindi ogni cantica termina volutamente con la parola “stelle” perché sono un simbolo di questa speranza di ritorno al Cielo.