ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

IC Carducci di Santa Maria a Monte (PI) - 2D

Chiare, fresche e dolci acque…

Tesoro e fonte di vita di tutti i tempi. Autorità idriche, Consorzi di bonifica e cittadini per la tutela dell’oro blu

La Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo, oggi più che mai è un invito a tutelare l’acqua, ridurne il consumo, salvaguardare l’ambiente e contrastare il cambiamento climatico.

L’acqua dolce, di cui quella potabile è una minima parte, è una risorsa preziosa; si trova in forma liquida in sorgenti, falde freatiche, fiumi e laghi, solida in ghiacciai, grandine e neve, vapore acqueo nell’atmosfera. Si forma con un ciclo di evaporazione, condensazione, precipitazione sul terreno e infiltrazione nel sottosuolo.

Qui si accumula nelle piccole porosità tra i granelli di roccia che fungono in parte da depuratori naturali degli inquinanti, attraversando il suolo fino a uno strato impermeabile che ne impedisce l’ulteriore discesa e ne favorisce l’accumulo nelle falde. Il ciclo dell’acqua è perciò molto importante perché ne ga-rantisce la continua rigenerazione. L’eccesso di gas serra, la CO2, l’attività solare, lo spostamento dell’asse della Terra e il raffreddamento del suo nucleo, dovuto in parte allo scioglimento dei ghiacciai e al pompaggio delle acque sotterranee, sono alcune fra le cause antropiche e naturali dei cambiamenti clima-ticiche incidonosul ciclodell’acqua.

L’impronta idrica misura il volume di acqua dolce consumata per produrre beni o servizi e l’inquinamento provocato durante il ciclo di produzione. Le acque sono distinte in tre componenti: acqua verde, blu e grigia. Quella verde si riferisce all’acqua pio-vana evaporata che non alimenta le riserve idriche, quella blu all’utilizzo delle acque superficiali o sotterranee e quella grigia alla quantità di acqua necessaria per diluire gli inquinanti.

L’uomo con le sue attività produttive consuma acqua in grandi quantità: Il 70% delle risorse idriche del Pianeta è impiegato in ambito agricolo e zootecnico, per l’uso domestico e industriale. Per produrre 1 chilo di carne bovina, ad esempio, occorrono 15.000 litri di acqua contro i 250 litri per la lattuga.

La carne animale ha un’impronta idrica maggiore rispetto a quella di cereali/patate. Autorità idriche e Consorzi di Bonifica saranno dunque impegnati nel prossimo futuro nella tutela dell’oro blu con la realizzazione di pozzi, cisterne, una nuova rete di invasi sul territorio, recuperarne altri dismessi, sistemare la rete idrica, riciclare le acque reflue o partecipare a progetti di dissalazione, come quello in atto in Israele, dove il desalinizzatore di Sorek dal 2013, dopo una lunga siccità, è riuscito a combattere la sete, grazie alla depurazione di 150 milioni di metri cubi di acqua annui.I popoli divenuti sedentari si stanziavano spesso accanto a fiumi, laghi o attingevano alle falde freatiche. Assiri, Greci, Egiziani e molti altri costruirono canali per rifornire le città. Nell’antico Messico imponenti canalizzazioni e pozzi gestivano l’approvvigionamento delle acque.

I Romani edificarono il primo acquedotto a Roma nel 312 a.C.

e ne costruirono anche sottoterra per proteggere l’acqua dairaggi solari ed evitare la contaminazione di batteri e alghe.

Nel Medioevo si costruivano cisterne per il recupero delle acque piovane, per ridurre il rischio di siccità, anche in località come Siena e Santa Maria a Monte.

Cistercensi e Benedettini realizzarono opere idrauliche e canali, e crearono le «Congregazioni o confraternite delle acque», antesignane dei Consorzi di bonifica, soggetti preposti alla regimazione e al recupero delle acque.

Se la pioggia è scarsa? Potremmo oggi prendere spunto dagli antichi e imitare il pastore Eleazar Bouffier, protagonista di«L’uomo che piantava gli alberi» di J. Giono: piantando ogni giorno querce, faggi, betulle riuscì a riforestare un’arida vallata in Provenza e a far tornare la pioggia e l’acqua. Gli alberi, infatti, oltre a produrre ossigeno, rilasciano vapore acqueo.Nonni e bisnonni ci hanno raccontato che negli anni ’50-’60 in campagna l’acqua in casa non c’era. La attingevano con brocche o damigiane al pozzo, alla fonte o alle sorgenti di montagna e la portavano a casa per cucinare, lavare e bere. Con acqua e aceto lavavano i capelli e facevano il bagno nelle tinozze.

L’acqua con cui cuocevano pa-tate e pasta veniva riutilizzata per lavare le stoviglie. Al posto del bagno c’era una latrina esterna alla casa che ogni mese veniva coperta e ricostruita altrove.

L’acqua usata per sciacquare frutta e verdura era destinata ai fiori. I panni li lavavano con lisciva (cenere, acqua bollente, alloro), sapone di marsiglia e li sciacquavano ai lavatoi comunali o nei canali e li asciugavano al sole.

Oggi, fortunati e con molti confort, cosa fare per risparmiare l’acqua? Riparare le perdite d’acqua, chiudere i rubinetti quando laviamo i denti o ci insaponiamo, stare meno tempo sotto la doccia e preferirla alla vasca, usare lavatrici a basso consumo e solo a pieno carico, usare sciacquoni a doppio pulsante e innaffiare piante con l’acqua di lavaggio di frutta e verdura.La pagina è stata realizzata dalla classe 2^ D della Secondaria di primo grado Istituto comprensivo «Carducci» di Santa Maria a Monte: Costanza Barachini,LiviuBudelesan,Thomas Cecchini, Gianluca Dini, Virna Fanteria, Davide Kerciku, Leonardo Melani, Nina Michelucci, Eva Montanelli, Francesca Morelli, Martina Mullaliu, Cecilia Nardi, Kelvin Paja, Valentino Pandolfi, AlessandroPescini,DanielPrincipato, Sara Privitera, Marta Pucci, Matteo Rignanese, Gioele Sardelli, Eleonora Scrofani, Evelina Shetaj. Docenti tutor Chiara Comastri, Sara Bottai, Elena Bemporad. Dirigente scolastico Sandro Sodini.LA REDAZIONE

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