ll progetto de La Nazione per i lettori di domani

Casa Bruschi: l’arte contro l’odio

La collezione del celebre antiquario è senza pregiudizi: un simbolo di integrazione delle culture

Lo sapevate che proprio nel cuore del centro storico di Arezzo, si trova un’antica dimora unica nel suo genere? La sua particolarità è di essere una Casa Museo, restaurata dall’antiquario Ivan Bruschi per crearvi un originale «luogo degli affetti». Il Bruschi riunì una moltitudine di oggetti del passato, realizzando il suo sogno di integrare in un unico ambiente le culture più diverse dalle zone più remote.

Anticamente l’edificio era il Palazzo del Capitano del Popolo, posseduto dalla sua famiglia fin dagli inizi del ‘900, distrutto dai bombardamenti del 1943 ed infine restaurato alla fine degli anni ‘60. All’interno una preziosa ed eclettica collezione d’arte che copre un arco temporale dall’età preistorica ai primi decenni del XX secolo.

Stupisce l’abbondanza di reperti archeologici Etruschi, Greci e Romani, dipinti, ceramiche, monete, armi, libri, sculture e gioielli. Insomma un vero ‘paese delle meraviglie’. E’ emozionante visitare un posto così straordinario e suggestivo. Qui la concezione culturale dell’antiquariato di Bruschi ha trovato espressione significativa e duratura. Da non dimenticare che Ivan Bruschi è stato anche l’ideatore della Fiera Antiquaria, lasciando quindi alla città una traccia sensibile della sua passione per l’arte e della sua curiosità intellettuale.

Una collezione d’arte che dialoga. Esempio di integrazione e valorizzazione di culture apparentemente lontane è il titolo dell’interessante percorso didattico a cui abbiamo partecipato, martedì 26 Aprile 2022, proprio nella Casa Museo di Ivan Bruschi. Il tema centrale era quello della comunicazione, della scelta di un linguaggio, delle espressioni che siamo soliti usare per parlare e dialogare.

Il luogo si presta in maniera ottimale all’argomento dell’incontro perché qui Bruschi ha creato una collezione senza pregiudizi, ha raccolto e ha permesso che dialogassero tra loro oggetti che ‘sembrano’ distanti per storie, culture, provenienze. Le operatrici del museo ci hanno posto un quesito: «Se questi oggetti e opere d’arte fossero invece viste come persone, nella società attuale, forse con queste caratteristiche potrebbero avere difficoltà di dialogo?».

Dopo la nostra riflessione, è emersa la certezza che questo museo rappresenta e testimonia valori importanti, quali l’accoglienza e l’ascolto. Attraverso una simulazione, mettendo oggetti d’arte e social network in interazione, ci siamo resi conto che ci sono delle regole da seguire, affinché il linguaggio nella vita reale e in quella virtuale, non sia ostile e violento, ma gentile ed educato. Con sorpresa abbiamo saputo dell’esistenza del Manifesto della comunicazione non ostile, un valido aiuto per un uso giusto del linguaggio nella comunicazione.

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